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24/01/17

24 gennaio del 1984: 33 anni fa entrava in commercio il primo Mac Intosh - la geniale intuizione di Steve Jobs.



E' una foto storica realizzata nell'inverno del 1984. 

Il 24 gennaio di quell'anno - di cui oggi ricorre il 33mo anniversario - entra in commercio il primo computer della serie Mac Intosh della Apple.

Il nome - che diventerà un must nella storia della informatica e più in generale del progresso umano - viene scelto da Jobs da una particolare specie di  mela scoperta nel 1811 dall'agricoltore scozzese-canadese John Mc Intosh nel lontano 1811 nell'Ontario. 

La specie di frutto prese il suo nome, Red Mc Intosh. 

E questo fu il nome dunque scelto da Jobs per la commercializzazione del rivoluzionario modello di computer che in breve tempo entrò nelle case di milioni di persone, aggiornato sempre fino alle più incredibili versioni odierne. 




26/10/11

La morte secondo Steve Jobs. Una riflessione.




Mi ha molto colpito leggere nei giorni scorsi l'intervista realizzata dal Corriere a Walter Isaacson, l'autore della corposa biografia di Steve Jobs conclusa pochi giorni prima della sua morte, e data alle stampe a tempo di record. Mi hanno particolarmente colpito i passaggi nei quali Jobs parla a cuore aperto della morte e dell'oltremorte, dei suoi dubbi e delle sue speranze.

Riporto i passaggi salienti. 

«E' fifty-fifty" mi diceva. "Cinquanta e cinquanta. A volte credo che Dio esista. A volte no. Vorrei credere nella vita ultraterrena. Ma ho il timore che alla fine ci sia solo un tasto on-off. Un clic, la luce se ne va. E tu non ci sei più. Per questo non mi è mai piaciuto mettere tasti di accensione sui prodotti della Apple"». i tormenti di Steve Jobs, il suo interrogarsi sull'aldilà. 

È la prima intervista concessa a un giornale italiano dopo aver consegnato all'editore (in Italia Mondadori) la sua biografia del fondatore della Apple. 

Abbiamo già letto molte anticipazioni del suo libro, ma poco del temperamento irascibile di Jobs, i tratti duri del suo carattere. Quanto a Dio, l'aveva evocato parlando di musica. Lui, che aveva riempito il suo iPod coi brani di Bob Dylan, i Beatles, Joan Baez, i Rolling Stones e Yo-Yo Ma, una volta disse al violoncellista franco-cinese: «Le tue esecuzioni sono la migliore prova dell'esistenza di Dio perché non credo che un essere umano da solo possa fare tutto questo». 

«Con me Steve cominciò a parlare di Dio man mano che prendevamo confidenza e che la malattia riguadagnava terreno. Non era paura, si interrogava: "Voglio credere nella vita ultraterrena" mi diceva, "perché questo fa parte della mia formazione buddista. Tutta la saggezza che hai accumulato, la tua conoscenza non svanirà nel nulla quando tu non ci sarai più". Poi, però, veniva assalito dal dubbio che alla fine della vita ci sia solo un "off switch"». 

Credo che sia difficile, molto difficile trovare una migliore esposizione, in poche righe - S.Jobs era del resto un uomo di intelligenza superiore - dell'impasse nel quale si dibatte e si ritrova l'uomo contemporaneo, di fronte ai cosiddetti ultimi: la morte, la vita dopo la morte, il senso della vita, il nulla o Dio.

Decaduto il principio di fede, persi per strada i cammini iniziatici, disintegrati i dogmi di qualunque tipo, l'uomo occidentale si trova sempre più in bilico tra speranza (cuore) e disperazione (ragione).  Tra voglia di affidarsi ad una speranza ultraterrena (Dio) e paura/terrore di un nulla profondo, tra annichilimento e permanenza di ciò che sei stato.

Il tasto on-off al quale si riferisce Jobs è quanto mai simbolico ed in effetti solo ora mi spiego perché le sue meravigliose diavolerie elettroniche non prevedano un tasto di spegnimento, ma solo un eterno stand-by. 

Il tasto dell'i-pod switcha e... basterà sfiorare nuovamente l'apparecchio perché la musica desiderata, la storia meravigliosa, torni a srotolarsi nuovamente dal punto in cui era stata interrotta.  Riporto qui un estratto dal libretto di istruzioni apple:

Spegnere iPod 
Non esiste un vero e proprio tasto Stop (spegnimento) per iPod. iPod può essere messo in pausa e dopo qualche minuto di inattività si spegne da solo, entrando in una fase denominata Sleep, seguita dalla fase Deep Sleep (dopo 36 ore di inattività). 


Metafora migliore, nessun mistico sarebbe riuscito a trovarla.

E forse non è un caso che a realizzarla sia stato il 'padrone dei sogni tecnologici', proprio lui.



06/10/11

Steve Jobs morto: una riflessione.



La morte di Steve Jobs, geniale creatore dei sistemi Apple, morto prematuramente a 56 anni, sta avendo una eco mondiale fortissima.

E' il giusto riconoscimento ad un grande imprenditore che ha saputo rivoluzionare le abitudini di consumo e di fruizione (di musica, telefonia, informazione, cultura) planetaria, o quanto meno della porzione più evoluta e più ricca del pianeta.

Ciò che però si conferma in queste ore - ma se ne era avuta evidente riprova nei Riots londinesi, per esempio -  è che il culto di Jobs e di Apple nel mondo è diventato una specie di religione pagana.

I seguaci della tecnologia Apple, e della filosofia industriale di Jobs si sentono, a torto o a ragione, facenti parte di una 'scuola' che adora i suoi totem tecnologici, davvero magici, sotto ogni aspetto. Fino a pochi anni o mesi fa tutto ciò che oggi mette a disposizione un semplice apparecchio, leggerissimo ultrapiatto, dal design semplice ed essenziale, era puramente im-pensabile. 


E' la dimostrazione di come la τέχνη,  la tecné, o meglio ancora la  tékhne-loghìa,  la tecnologia goda la più alta considerazione tra le applicazioni umane.

E abbia sopravanzato, in fatto di considerazione o reputazione, anche e di gran lunga il pensiero filosofico (per non parlare di quello teo-logico)

Jobs, però, non era un semplice homo technologicus.  Era anzi, profondamente convinto che alla base di ogni lavoro, e quindi anche del lavoro tecnologico, vi dovessero essere dei riferimenti e solide basi etiche (anche se io non so francamente quanto questi principi fossero sempre coerenti con le politiche aziendali) come si evince dal celebre discorso-lezione ai laureati di Stanford, che ha lasciato segni così profondi nella contemporaneità.

"La morte è con tutta probabilità la più grande invenzione della vita. Il vostro tempo è limitato per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro,"  disse quel giorno Jobs. E già l'aver messo al centro della sua lezione la morte fu un atto di grande coraggio e immensa umanità.

Forse, proprio a partire da quella lezione, dovremmo tutti comprendere - proprio oggi che uno dei più grandi talenti creativi ci lascia - che la tecnologia non è mai - e non dovrebbe mai essere - il fine delle nostre vite.  

La tecnologia è strumento. E dietro ogni strumento c'è, o ci dovrebbe essere un pensiero umano.

Ricordiamocelo.

Ricordiamoci di tributare gli stessi onori che stiamo tributando giustamente a Steve Jobs, anche a quegli altri grandi uomini, come Raimon Panikkar, scomparso recentemente, che ci hanno lasciato una eredità di pensiero e di umanità altrettanto grande e importante, seppure non legata ad alcuna innovazione puramente tecnologica.

Fabrizio Falconi.