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16/09/22

L'incidente in cui perse la vita Alessandro Momo, che sarebbe diventato un grande attore del cinema italiano

 



Morì a 17 anni Alessandro Momo, in un tragico incidente che a Roma ancora in pochi ricordano. Solo 17 anni, che gli erano bastati per essere una delle promesse più concrete del cinema italiano dell'epoca. 

Al momento della sua morte, avvenuta il 19 novembre del 1974, Alessandro si era imposto con un film di tale successo popolare che la sua carriera sembrava realmente destinata a non fermarsi più: in Malizia di Salvatore Samperi, nel 1973, Momo era il quattordicenne figlio del commendator La Brocca (Turi Ferro), quello che perde la testa dietro alla splendida governante interpretata da Laura Antonelli. 

Alessandro all'epoca è ancora minorenne e così non lo fanno entrare all'anteprima di gala del film, che infatti è rigorosamente vietato ai 18. Deve accontentarsi di posare per i fotografi, nella hall del cinema, dopodiché tornarsene a casa. Ma il suo è un ruolo così azzeccato che il pubblico lo adora da subito, al punto che la Antonelli e Momo ormai sono due nomi in ditta, reclutati nuovamente da Samperi per una sorta di sequel ideale di Malizia. Cioè Peccato veniale, in cui si ripetono le atmosfere sensuali rese morbose, nell'Italia pruriginosa di allora, dalla differenza d'età dei due attori. 

Poi, una partecipazione in un poliziesco (La polizia è al servizio del cittadino?) ed eccoci nel 1974, l'anno in cui Alessandro compie il salto di qualità: è lui, infatti, il giovane attendente che, in Profumo di Donna di Dino Risi, recita alla perfezione al fianco di un solenne Vittorio Gassman nel ruolo del capitano Fausto Consolo, cieco e autodistruttivo Coppia di personaggicreati dalla penna di Giovanni Arpino nel romanzo Il buio e il miele. 

Gassman e Momo furono talmente bravi che, vent'anni dopo, Al Pacino e Chris O'Donnell torneranno in quei ruoli in Scent of Woman, di Martin Brest. Un film per il quale Pacino vinse l'Oscar. In quello stesso ruolo che a Gassman aveva portato la Palma d'oro a Cannes, nel 1975. Quando Alessandro putroppo non c'era già più da tanto tempo.

Il racconto del fatale incidente che stronca la vita e la carriera di Momo nella cronaca del quotidiano Il Tempo di Roma, di venerdì 20 e sabato 21 novembre 1974:

«L'Honda si è piegata sul fianco sinistro e ha invaso la corsia opposta andandosi a fermare contro il marciapiede. Il ragazzo, intanto, è stato sbalzato con violenza sull'asfalto, per oltre 10 metri, e viene confermato che la BMW straniera condotta dalla signora Maria Gloria Schmidlin, proveniente dal Foro Italico non lo ha investito prendendo, al contrario, in pieno e con violenza la sola motocicletta. Alessandro Momo è stato soccorso dai Vigili del Fuoco accorsi dalla caserma di Piazza Bainsizza, e subito trasportato all'ospedale. Alessandro Momo, l'adolescente acerbo e tenebroso cinematograficamente sedotto da Laura Antonelli, è morto ieri pomeriggio, schiantandosi con la propria super-moto prima contro un taxi e, successivamente, cadendo sull'asfalto. Avrebbe compiuto diciott'anni martedì prossimo, essendo nato il 26 novembre 1956 (...) Continuano intanto le indagini per fare piena luce sul tragico incidente avvenuto pochi minuti prima delle ore 15 sul Lungotevere Cadorna, all'altezza dell'Ostello della Gioventù. Momo stava rientrando a casa a bordo della sua "Honda 750" targata Roma 31..., dopo aver seguito le lezioni nella scuola privata sulla via Olimpica, che frequentava da quando l'attività cinematografica gli aveva praticamente impedito di seguire un normale corso di studi. 

Il giovane proveniva da piazza Maresciallo Giardino a velocità piuttosto sostenuta quando si è trovato davanti un taxi 1100 condotto dal 34enne Alfio M. e targato Roma A75... È stato a quel punto che, dopo una brusca frenata, Momo ha urtato con violenza contro il manubrio e il serbatoio della sua moto. 

Immediatamente è stato soccorso all'ospedale Santo Spirito, dove i sanitari gli hanno riscontrato la frattura della quinta costola, un enfisema sottocutaneo all'emitorace sinistro, un ematoma orbitario sinistro, escoriazioni al parietale destro, ecchimosi alle labbra e al naso, una contusione all'ipocondrio sinistro, contusioni escoriate agli arti superiori ed inferiori, lo spappolamento della milza e la lacerazione dello stomaco. Lesioni mortali che, dunque, sarebbero state provocate dal tamponamento con il taxi e non, come era stato ipotizzato inizialmente, dall'urto con la BMW. 

Al momento del ricovero, Alessandro Momo era in preda ad una vivissimo stato di agitazione psico-motoria. Prima che venisse sottoposto all'intervento chirurgico con il quale si è inutilmente tentato di strapparlo alla morte, Alessandro ha scambiato qualche frase con il padre. L'agonia si è protratta fino alle 23 e cinque minuti, quando il suo respiro ha taciuto per sempre. L'altra mattina, sul luogo dell'incidente, erano rimasti alcuni frammenti di vetro, qualche cromatura e, appena visibili, i segni col gesso fatti dalla Polstrada per i rilevamenti. Nel punto dove la moto aveva concluso la sua folle impennata c'era un mazzo di rose rosse, depositato forse da un amico o da qualche ammiratrice.» 

La sua fidanzata dell'epoca era Eleonora Giorgi, che all'epoca era famosa quanto lui. Era stata proprio lei a prestargli quella super-moto.La moto, una Honda CB 750 Four, gli era stata prestata dalla sua collega e fidanzata, Eleonora Giorgi, partita per un viaggio. L'attrice fu successivamente indagata per incauto affidamento, poiché Alessandro non aveva ancora compiuto i 18 anni di età e non era abilitato alla guida di maximoto, secondo le normative vigenti all'epoca, che prevedevano ancora la maggiore età a ventuno anni. È sepolto nel cimitero del Verano, a Roma. 

Così la Giorgi ricordò Alessandro: 

"E' stato appena il mio secondo ragazzo, dopo una storia lunghissima con Gabriele, che durava da quando avevo 13 anni. Quando ci penso, all'educanda che ero, mi viene sempre da ridere... perchè dopo aver girato Appassionata (film ormai di culto, in cui una Giorgi in sexy-erba seduce il maturo Gabriele Ferzetti, ndA) io ero ormai diventata per tutti la Lolita del cinema italiano. Un'immagine inverosimile già all'epoca, per quanto era lontana dalla mia realtà di ragazza borghese, dei Parioli, che ancora stava coi suoi, figurarsi! Come Sandro, con la sola differenza che la sua famiglia abitava alla Farnesina. Con lui, eravamo due solitudini. La nostra intesa era questa. Andavamo alla deriva, come una zattera, ma col motore nucleare. Fortissimi. Sani. Famosi. Giovani da far paura. Belli da fare invidia. Insieme, anche di più, perché moltiplicavamo per dieci le nostre energie. Sempre al massimo. Dopo la morte di Sandro, uno scenografo amico nostro mi disse che era fatale, che a uno dei due doveva accadere. "Andavate troppo veloci, troppo forte, si sentiva che vi sarebbe successo qualcosa". Ricordo che ci presentò Rino Petrosino, il fotografo, ma di Sandro mi aveva già parlato un mio amico, il costumista di Malizia: "Siete identici, avete mille cose in comune... dovete assolutamente conoscervi!". Era vero. Tra noi fu un'intesa immediata. Non so, forse abbiamo fatto anche delle foto insieme... Mi ricordo che poi ci incontrammo di nuovo. In uno di quei negozietti di usato americano che a Roma, in quel periodo, erano al top... Tra i due, la più scapigliata ero certamente io, mentre lui aveva verso di me un atteggiamento molto protettivo. Per noi, l'importante era che avevamo trovato l'uno nell'altra il rapporto che ci era mancato: quello della complicità tra ragazzini. Io con la mia storia già serissima alle spalle, convivenza compresa, lui con un passato abbastanza simile (un lungo flirt con Gloria, una compagna di scuola, ndA). Ma soprattutto tutti e due, con la celebrità avuta così giovani, avevamo perso il rapporto con la nostra generazione, con i nostri coetanei. Ecco perché questa sensazione di uguaglianza, di riconoscersi identici fra tanti altri. 

Ma la vita di Alessandro finì troppo presto, la carriera era appena iniziata. La celebrità soltanto sfiorata. La vita breve, con i diciott'anni che avrebbe compiuto una settimana dopo l'incidente. 



26/04/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 15. Quel pomeriggio di un giorno da cani (Dog Day Afternoon) di Sidney Lumet (1975)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 15. Quel pomeriggio di un giorno da cani (Dog Day Afternoon) di Sidney Lumet  (1975) 

Da vero artigiano del grande cinema, Sidney Lumet (Philadelphia 1924 - New York 2011) ha realizzato, quasi in sordina, una serie incredibile di capolavori, da La parola ai giurati a Pelle di serpente (1960), da La collina del disonore (1965) a Serpico (1973) a Il verdetto (1982). 

Su tutti, scelgo Quel pomeriggio di un giorno da cani, sceneggiato da Frank Pierson (premiato con l'Oscar, unica statuetta su 6 nominations) e interpretato da uno straordinario Al Pacino (insieme a John Cazale, Chris Sarandon, James Broderick e Charles Durning) 

Come si sa, il film è basato sugli eventi di una vera rapina tentata in una banca di New York (anche se il film si discosta parecchio dagli eventi reali), nel quartiere di Brooklyn, avvenuta il 22 agosto del 1972 ed è incentrato su uno dei due rapinatori, Sonny Wojtowicz, che con il complice Salvatore Naturale tenne in ostaggio i dipendenti dell'istituto. 

Nel film, i tre rapinatori iniziali che entrano in una banca poco prima dell'orario di chiusura e, al momento opportuno, bloccano il personale, diventano subito due, perché il più giovane di loro, impaurito abbandona il colpo. Rimangono Sonny e Sal. 

La rapina va decisamente male: i due scoprono che la cassaforte è vuota (il furgone portavalori è appena passato) e quando stanno per uscire, la polizia è schierata fuori dall'edificio e li tiene sotto controllo. Sonny allora decide di prendere in ostaggio tutti i dipendenti. E cominciano le lunghe, estenuanti trattative con le forze dell'ordine. 

La trattativa è personale: Sonny parla direttamente con una persona sola: Eugene Moretti della polizia municipale. Sonny avverte Moretti che lui e il suo complice hanno degli ostaggi e che li uccideranno se qualcuno proverà a entrare nella banca. Moretti avvia il negoziato per il rilascio degli ostaggi, sotto il controllo dell'agente dell'FBI Sheldon. 

La particolarità del rapimento è, ovviamente - e questo interessa a Lumet - la spettacolarizzazione dello stesso. Con le televisioni che riprendono  e la gente che assiste fuori che dopo poco comincia a fare il tifo per Sonny, percependo che si tratta, in fondo, di un povero diavolo. 

Dopo aver concluso che una semplice fuga è impossibile, Sonny chiede a Moretti un aereo che porti lui e Sal fuori dal paese. 

Intanto i poliziotti scoprono che Sonny ha non soltanto una moglie, Angela, e due figli, ma anche un compagno, Leon, con cui si è "sposato" l'anno prima. 

La polizia lo interroga e scopre che Leon desidera sottoporsi a un intervento di riassegnazione sessuale. 

Lo ha già detto a Sonny, che vorrebbe aiutarlo ma non ha i soldi necessari. Moretti intuisce che questo è il movente della tentata rapina. Cerca di convincere Leon a parlare con Sonny, ma Leon rifiuta. 

Alla fine della estenuante trattativa, complice il caldo atroce, Sheldon sembra cedere e segnala che un autobus arriverà entro dieci minuti per portarli al loro aereo. 

Prima di uscire dalla banca, Sonny detta il suo testamento a un'impiegata. Donerà i soldi della sua assicurazione sulla vita in parte a Leon per l'operazione chirurgica e in parte alla moglie Angela e ai figli. 

Quando l'autobus arriva, Sonny controlla che sull'automezzo non siano state nascoste armi. Sonny siede accanto all'autista, mentre Sal siede dietro. Arrivati all'aeroporto, il tragico epilogo: Sal muore colpito dalla pistola dell'autista, mentre Sonny  è arrestato e gli ostaggi liberati. Sonny piange guardando il corpo di Sal che viene portato via in barella.

La prospettiva tutta dalla parte del carnefice/vittima, Sonny, un magnifico looser, un disperato cui nella vita non è riuscito nessun salto in alto, ma solo un faticosissimo arrembare, rende il film empaticamente irresistibile. 

La sceneggiatura - in tempo reale - è perfetta e non perde un colpo. Pacino aderisce a Sonny in modo totale, sulla base di quel metodo Actor's Studio leggendario. 

A distanza di molti anni, il film non ha perso freschezza ed è il racconto di una parabola umana condivisibile ad ogni latitudine. 

E' anzi, uno di quei classici, che il passare del tempo nobilita. Nel 2006 il magazine Premier fece la sua classifica delle 100 migliori performance di tutti i tempi e l'interpretazione di Sonny da parte di Al Pacino è stata posizionata al 4º posto. Nel 2009 la pellicola è stata scelta per essere conservata nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Fabrizio Falconi