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04/03/22

Come nacque il meraviglioso discorso di Chaplin nel "Grande Dittatore" ?


Specialmente in questi tempi di ansia e di guerra, torna alla mente il monologo finale del Grande Dittatore, uno dei più famosi monologhi cinematografici di sempre, nel capolavoro scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin. 

Come si sa, uscito negli Stati Uniti nel 1940, dunque all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, il film rappresenta una geniale parodia dei regimi nazi-fascisti che a quel tempo imperversavano in Europa, mettendo alla berlina i dittatori e i loro aiutanti  di quel tempo, da Hitler a Mussolini, da Goebbels a Goering. 

Si tratta del primo lungometraggio interamente parlato di Chaplin: il regista sapeva che far parlare il suo personaggio più famoso, Charlot, avrebbe potuto snaturarlo fino a ucciderlo, ma sentiva anche di vivere in un contesto storico in cui parlare era diventato un dovere

Ciò che ancora oggi colpisce del monologo pronunciato da Chaplin, nei panni del barbiere ebreo scambiato per la sua somiglianza con il dittatore, è la sua universalità, il suo messaggio umanista e pacifista, che non è mai invecchiato. 

Il testo del monologo è interamente opera di Chaplin che scrisse interamente da solo la sceneggiatura del film. 

Nel discorso finale, il barbiere, nei panni di Hynkel, adotta un tono radicalmente diverso dal resto del film (per lo più una serie di gag visive ) per una sequenza genuinamente seria e piena di dramma, un messaggio politico profondo, apparendo in un'inquadratura statica  per più di sei minuti, un tempo eccezionalmente lungo, durante i quali Chaplin si rivolge direttamente allo spettatore e il personaggio del barbiere lascia il posto allo stesso Charles Chaplin. 

Nella celebre scena, Chaplin sbatte le palpebre meno di dieci volte durante l'intero discorso finale.

Charlie Chaplin ebbe l'idea del film quando un amico, Alexander Korda, notò che il suo personaggio sullo schermo e Adolf Hitler sembravano in qualche modo simili. 

Chaplin, in seguito, apprese che lui e il dittatore erano nati entrambi a una settimana di distanza e avevano più o meno la stessa altezza e peso ed entrambi hanno lottato nella povertà, fino a raggiungere un grande successo in campi diametralmente opposti: quello del potere assoluto politico e quello artistico. 

Quando Chaplin venne a conoscenza delle politiche di Hitler di oppressione razziale e aggressione nazionalista, usò le loro somiglianze come ispirazione per attaccare Hitler mediante la pellicola. 

Il cineasta - originariamente - intendeva chiamare il film The Dictator, ma ricevette un avviso dalla Paramount Pictures che, qualora avesse scelto questo titolo, gli avrebbero addebitato 25.000 dollari: Chaplin accettò le imposizioni della Paramount Pictures e inserì Great nel titolo.

Il regista raccontò in seguito che indossare il costume di Hynkel lo aveva fatto sentire più aggressivo e quelli a lui vicini ricordano che era più difficile lavorare con lui nei giorni in cui stava girando nei panni del personaggio.

Fabrizio Falconi -2022 

19/06/12

E' morta Gitta Sereny.




La scrittrice e giornalista britannica Gitta Sereny, che ha dedicato gran parte della sua vita di autrice all'analisi di cio' che accadde al popolo tedesco durante il nazismo, e' morta all'Addenbrooke's Hospital di Cambridge all'eta' di 91 anni dopo una lunga malattia. 

L'annuncio della scomparsa, che risale a giovedi' scorso, e' stato dato oggi dalla famiglia alla stampa londinese.

 Autrice di libri a cavallo tra storia e cronaca, in cui racconta fatti di cui e' stata spesso testimone, Sereny ha pubblicato "In quelle tenebre" (Adelphi, 1994), biografia di Franz Stangl, il boia nazista di Treblinka, frutto di lunga serie di colloqui nel 1971 nel carcere di Dusseldorf; "In lotta con la verita"' (Rizzoli, 1995), biografia dell'ex ministro nazista Albert Speer che aveva conosciuto nel 1945 assistendo al processo di Norimberga diventando poi amica dell'architetto di Hitler che intervisto' a lungo; "Germania il trauma di una nazione.Riflessioni 1938-2001" (Rizzoli, 2002), dove parte da alcuni episodi autobiografici per collegarsi a momenti chiave dell'ascesa e della disfatta del Terzo Reich e alla fase successiva di chiarificazione e sanzione legale, con l'intervista alla regista Reni Riefenstahl, il resoconto del processo israeliano a John Demjanjuk e il caso della pesante eredita' dei "figli della svastica" (a partire da Martin Bormann junior).