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24/11/17

Libro del Giorno: "L'arte dell'Attesa" di Andrea Kohler.



Esce per Add editore di Torino questo saggio della scrittrice e giornalista tedesca Andrea Kohler, che ha avuto notevole successo editoriale in Germania e poi negli Stati Uniti dove è stato tradotto lo scorso anno.

La Kohler, che è la corrispondente dagli Stati Uniti del quotidiano svizzero Neue Zurcher Zeitung affronta in questo saggio letterario, un tema originale e importante: quello dell'attesa e del cambiamento nel suo senso della percezione, provocato dalla modernità. 

Come è cambiato il nostro senso dell'attesa ?  Aspettare è una imposizione, è questo l'assunto da cui parte la Kohler. Chi attende immagina ciò che avverrà  e si sottopone - volente o nolente - a una rinuncia pulsionale.

Il saggio della Kohler prende le mosse - abbastanza prevedibilmente - dalla fatale identità dell'innamorato secondo Roland Barthes, nel celebre Frammenti di un discorso amoroso: come si ricorderà Barthes definisce l'innamorato, per l'appunto, come colui che aspetta. 

L'attesa è dunque il tempo dell'angoscia (per l'innamorato) come esprime La voce umana di  Cocteau. 

Ma ovviamente l'attesa non è solo questo: chi non sa aspettare, scrive la Kohler, deruba se stesso della dolce ricompensa della pazienza. 

Tra Handke (il suo Saggio sulla Stanchezza) e il Proust della Recherche, l'attesa indefinita è un accompagnamento silenzioso della nostra vita, da quando siamo bambini e aspettiamo il bacio della buonanotte della madre, a quando perdiamo le nostre ore seduti sulla panchina di un parco, nella contemplazione delle ore o nell'attraversamento della noia. 

Ma l'attesa è anche preparazione: è imparare a cogliere il momento importante: la vita punisce chi arriva tardi, è il titolo di uno dei veloci capitoli di questo libro, e l'arte del rinvio non è quasi mai utile. 

Anche se, citando Heidegger, nessun treno sarebbe mai arrivato se non avessimo imparato ad aspettare nel modo giusto, cioè mediante un'attesa che allo stesso tempo "lascia essere" e "riflette".

I capitoli del libro sono inframmezzati da brevi  Intermezzi dell'autrice che racconta in prima persona il suo rapporto con l'attesa. 

Alla fine forse il vero difetto di questo libro, comunque affascinante per il viaggio che attraversa, da Nietzsche a Sloterdijk è la mancanza di un vero centro teorico: l'idea dell'attesa della Kohler, forse influenzata dalla mentalità nordica, è quella dell'attesa come gabbia, come condizione claustrofobica, come palude emotiva, dalla quale liberarsi, da sublimare in comportamenti positivo-razionali.  Manca una valutazione creativa, feconda, liberatoria dell'attesa, come tempo propizio, come occasione e cura, che poteva - e forse doveva - essere sviluppato. E in questo contesto anche il tempo dell'attesa cristiana dei tempi di rivelazione viene soltanto sfiorata. 

Fabrizio Falconi