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12/02/14

"Vi racconto Elsa segreta" di Brunella Schisa. (dal Venerdì di Repubblica).



Parigi. Il primo incontro tra Elsa Morante e Jean-Noël Schifano fu brusco e terribile. La scrittrice era ricoverata alla clinica Villa Margherita di Roma dove cercava invano di riprendersi dalle complicanze dopo un tentativo di suicidio. Il giovane entrò nella stanza con in mano la traduzione francese di Aracoeli sulla quale aveva sgobbato per un anno intero. Elsa Morante era in compagnia di Carlo Cecchi e lo aspettava. Era stato l'attore a combinare l'appuntamento. La scrittrice aveva un foulard azzurro che le copriva i riccioli bianchi e dei grandi occhiali da miope sul naso. Prese il libro, lo sfogliò appena e poi piantando i suoi occhi violetti sul giovane emozionato sentenziò: «Manca una pagina!». Nel ricordare quel momento Schifano sorride. «Ero giovane, terrorizzato da quel mostro sacro. Avevo letto tutti i suoi libri, provavo per lei un'ammirazione sperticata, una devozione totale. Ma il suo commento mi parve ingiusto e reagii. "Non manca proprio niente, ne sono sicuro!". Evidentemente voleva provocarmi perché accettò di rivedermi il giorno dopo con un ammonimento: "Non pensi di ottenere alcuna intervista, perché non ne do!"».

In effetti Elsa Morante fu di parola. Non diede nessuna intervista il giorno dopo, e nemmeno il seguente. Ma concesse molto di più a quel giovane francese: la sua amicizia, la sua confidenza. Le sue confessioni. Per un anno intero, fino alla morte della scrittrice, avvenuta il 25 novembre 1985, ci fu tra loro una lunga condivisione di pensieri, parole, racconti. «Nell'ultimo periodo Elsa aveva litigato con tutti, non voleva vedere più nessuno. E forse perché anche io avevo un padre siciliano ed ero un bastardo come lei, o forse perché ha visto in me un figlio, un'amante dell'ultima ora, ha sentito che poteva andare oltre il dicibile. Io avrei capito».

Dalle confessioni nella stanza 127 della clinica è nato il romanzo-memoir E.M. O la Divina Barbara, quarant'anni dopo la pubblicazione de La Storia e trenta da quegli eventi. Un tempo lunghissimo. «Ho aspettato tre decenni perché mi sentivo depositario di una specie di tesoro. Elsa mi aveva confessato i suoi segreti, per esempio la sua data di nascita. Aveva sempre imbrogliato tutti. Sull'edizione francese di Aracoeli era scritto 1916, invece era nata nel '12. Della morte non aveva paura, temeva la vecchiaia. Mi aveva raccontato dei suoi due padri. Augusto Morante, il marito di sua madre. Che, essendo impotente, per non perdere la faccia aveva preteso che la moglie si facesse fecondare da un altro. E la madre aveva scelto un siciliano biondo con gli occhi azzurri, Ciccio Lo Monaco, che le aveva dato quattro figli Morante. Lei disprezzava il padre legittimo e considerava quello naturale un estraneo e non ha mai potuto pronunciare la parola papà».

Brunella Schisa, Vi racconto Elsa segreta, Il venerdì di Repubblica, 7.2.2014.