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03/03/22

Guerra in Ucraina - Perché invece di censurare Dostoevskij, andrebbe letto per far rinascere la Russia

 


Sconcertato come tutti dalla folle decisione di una università italiana di annullare il corso di uno scrittore italiano tra i massimi conoscitori di Dostoevskij, decisione per fortuna subito ritrattata e frutto evidentemente di un colpo di sole, o di una scellerata concezione del politically correct, ho ritrovato questa pregevole intervista di qualche anno fa (2012) realizzata da Alessandro Zaccuri a Tat’jana Kasatkina, filologa e critica letteraria che presso l’Accademia delle scienze di Mosca ha presieduto la commissione per lo studio dell’autore di Delitto e castigo. Le sue parole, rilette oggi, suonano profetiche e spiegano perché Dostoevskij può e deve essere proprio il punto di ripartenza della Russia, arrivata a un punto di non ritorno nel suo processo di putinizzazione

«Dostoevskij – diceva la Kasatkina – è lo scrittore russo della sua epoca più vicino ai lettori di oggi, giovani compresi. Più di Tolstoj, grandissimo romanziere, certo, che però finisce per allontanarsi da noi per la sua preoccupazione di impartire precetti morali. Si presenta come un maestro, vuole insegnarci la bontà, ma davanti a questa pretesa l’essere umano si sottrae, perché intuisce l’accusa nascosta in un simile atteggiamento: “Così non va bene, pare che sostenga Tolstoj, non sei come dovresti essere, non sei abbastanza buono”. Dostoevskij, al contrario, lancia un richiamo al qual l’essere umano non può non rispondere. “Sii, dice a ciascuno di noi, diventa te stesso”. È una sfida completamente diversa, che implica il rischio, l’avventura, un totale abbandono all’inatteso».

Anche il pericolo di perdersi? Il concetto dostoevskijano di «sottosuolo» non è del tutto rassicurante, obietta Zaccuri.

«Perché viene frainteso», risponde al Kasatkina, «nei Ricordi del sottosuolo Dostoevskij rappresenta l’uomo del suo tempo, al quale non è stata neppure data la possibilità di credere in Dio. Una condizione terribile, con il mondo ripiegato su se stesso, chiuso a ogni occasione di incontro con l’Assoluto. È il momento in cui l’umanità crede di salvarsi con le sue sole forze, facendo affidamento sulla propria intelligenza. Il cosiddetto “uomo del sottosuolo” non rappresenta il nostro lato di tenebra, ma il disaccordo radicale nei confronti di questa limitazione. Sente di essere più grande di ciò che gli viene imposto, è come se dovesse sottoporsi a un intervento chirurgico che lo mutili per adeguarlo alle richieste della mentalità corrente. Ma lui sa che nella sua persona non c’è nulla di superfluo e quindi non può smettere di picchiare conto la “parete di pietra” eretta dalle leggi di natura, a causa della quale sarebbe condannato a un’esistenza solo orizzontale

Del resto, già prima di scrivere Ricordi del sottosuolo, in alcune pagine poi espunte da Memoria da una casa morta Dostoevskij aveva affermato con chiarezza che la vera pena non sta nella sofferenza e neppure nella reclusione: l’uomo soffre veramente solo quando sa di non essere più libero».

«Ho scoperto L’idiota a undici anni: allora (all'epoca della Unione Sovietica, ndr) non potevamo conoscere il Vangelo, ma potevamo conoscere il principe Myskin. È stata la mia e la nostra salvezza. Dostoevskij ci ha fatto capire che eravamo costretti a vivere sotto un cielo artificiale. Meglio, sotto una stuoia che era stata stesa al posto del cielo. Intendiamoci, anche oggi c’è qualcuno che si adatta a stare sotto una specie di ombrello che lo separa da Dio. Ma per la maggior parte di noi quella era la morte. Dostoevskij è stato più di uno scrittore: è stata la persona che ci ha aiutato a liberarci di quella stuoia, in modo da ritrovare il cielo. Andando oltre la parete di pietra, insomma».

Vale anche per la Russia di oggi?

«Dopo le scorse elezioni è accaduto qualcosa di sorprendente per la sua naturalezza. A Mosca sono scese in piazza non meno di trentamila persone (cinquantamila, secondo alcuni), non con l’intento di creare disordini, ma per guardare finalmente il potere negli occhi. “Non capiamo come sia possibile continuare a mentire così”, questa è la sostanza della ribellione, che coincide con la richiesta di essere trattati non come sudditi, bensì come esseri umani. Le proposte che hanno preso a circolare sul web non sono rivolte alle autorità, ma ai singoli cittadini, alle persone nella loro straordinaria e irripetibile singolarità. Il compito è lo stesso indicato da Dostoevskij: “Sii”, e cioè “diventa uomo in tutta la tua pienezza, lì dove ti trovi, in ciò che fai ogni giorno”. La vera rivoluzione russa sta in questo cambiamento interiore, che prescinde dai passi che il governo vorrà o non vorrà compiere».

04/12/21

Perché meravigliarsi che 3 milioni di italiani dichiarino di non credere all'esistenza del Covid? Ecco in cosa dichiarano di credere gli americani




In molti, in queste ore, hanno espresso sorpresa o scandalo per la notizia che, secondo un recente sondaggio, circa 3 milioni di italiani dichiarino di non credere all'esistenza del Covid. 

Un dato che rappresenta circa il 5% degli italiani e che però non dovrebbe più di tanto apparire incredibile, soprattutto se si paragona la nostra realtà con quella degli Stati Uniti, un altro paese dove il numero di coloro che non si sono vaccinati perché non credono nell'esistenza della malattia e credono invece a qualche tipo di complotto è molto alto. 

In generale poi, gli americani risultano molto molto più "creduloni" di noi, rispetto a questioni scientifiche molto serie. 

In un recente sondaggio su scala nazionale, effettuato nel 2018 infatti, è risultato che addirittura il numero di americani che credono nei miracoli è più alto di quelli che credono nelle teorie evoluzionistiche di Darwin.

Più in generale, la gran parte degli americani credono in Dio, negli angeli e nei miracoli mentre solo il 47 per cento crede nella teoria darwiniana dell'evoluzione, rivela il sondaggio realizzato dall'istituto della Harris Poll. 

L'80 per cento degli intervistati ha detto di credere in Dio mentre il 75 per cento crede nei miracoli e il 73 per cento nel paradiso. 

A credere negli angeli sono il 71 per cento degli americani, mentre al diavolo crede solo il 59 per cento. 

Leggermente piu' numerosi (sono il 62 per cento) coloro che credono nell'inferno. 

Una percentuale inferiore presta fede alla teoria evolutiva di Darwin (il 47 per cento). 

Il 44 per cento crede ai fantasmi, il 36 per cento alla esistenza degli Ufo, e addirittura 31 per cento alle streghe (!). 

Il sondaggio esamina anche le differenze tra Cattolici e Protestanti: i primi sono piu' propensi a credere a Darwin (52 contro 32 per cento), ai fantasmi (57 contro 41 per cento) e agli Ufo (43 contro 31 per cento).

Dunque... è proprio il caso di dire: nulla di cui meravigliarsi ! 

13/12/20

Martin Nowak, matematico ad Harvard: "Senza Dio non ci sarebbe l'evoluzione"


"Dio e' la causa ultima di tutto cio' che esiste, Colui in assenza del quale non ci sarebbe affatto l'evoluzione. Dio e' sia il Creatore che il Sostenitore dell'Universo"
.

Ne e' certo il prof. Martin Nowak, docente di matematica all'Universita' di Harvard, per il quale "l'evoluzione non rappresenta un problema per la teologia cristiana". Intervenendo alla sessione finale del Convegno "Dio oggi" promosso dalla Cei, Nowak ha affermato che "Dio si serve dell'evoluzione per dispiegare il mondo vivente intorno a noi".

Allo stesso modo, ha continuato, "Dio si serve della gravita' per dispiegare l'Universo su un'ampia scala. Ne' la gravita' ne' l'evoluzione pongono sfide alla fede cristiana".

"Dio - ha scandito - non solo fissa le condizioni iniziali del processo evolutivo ma traccia anche l'intera traiettoria dell'esistenza". "L'intera traiettoria - ha aggiunto il grande matematico - e' nota a Dio, che esiste al di fuori del tempo, eterno e a-temporale, onnisciente e infinitamente amorevole".

Nella sua relazione, il prof. Nowak ha ribadito che "l'evoluzione non inventa la vita intelligente ma la scopre". "L'evoluzione non puo' operare senza requisiti che la guidino', ha osservato riocrdando che "come accade per ogni altra disciplina scientifica, la nostra attuale comprensione dell'evoluzione e' incompleta".

22/09/19

Poesia della Domenica: "Dimmi che non sarà la morte" di Donata Doni




Dimmi che non sarà la morte


Sarà come incontrarti
per le strade di Galilea
e sentire il battito di luce
delle Tue pupille divine
riscaldare il mio volto.

Sarà la Tua mano
a prendere la mia
con un gesto d'amore
ignoto alla mia carne.

Sarà come quando parlavi
a chi era respinto
per i suoi peccati,
sarà come quando perdonavi.

Dimmi che non sarà la morte,
ma soltanto un ritrovo
di amici separati
da catene d'esilio.

Dimmi che non saranno
paludi d'ombra
a sommergermi,
né acque profonde
a travolgermi.

Solo il Tuo volto,
solo il Tuo incontro, Signore.


Donata Doni, Il pianto dei ciliegi fioriti
tratto da: Poesie di Dio a cura di Enzo Bianchi, Einaudi, 1999, pag. 168



15/02/19

Einstein e Dio.






Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue.

Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come e non conosce le lingue in cui sono stati scritti.

Sospetta però che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia.

Questa mi sembra la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio. 

La convinzione profondamente appassionante della presenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo, fonda la mia idea su Dio.

Albert Einstein

16/01/19

Storia di una canzone - e di una meravigliosa cover: "Hallelujah" di Leonard Cohen.




Il destino delle grandi canzoni - di essere abusate fino allo stremo - è toccato anche a Hallelujah, scritta da Leonard Cohen per l'album Various Positions, pubblicato nel 1984. 

Anche a questa nobilissima canzone, dal testo enigmatico e colto, è toccato di diventare una specie di inno dell'ovvio, tappeto musicale usato ovunque e in ogni occasione, cantato nelle chiese e nei ricevimenti molto mondani, negli X-factor  e nelle innumerevoli e spesso sgangherate cover. 

Il paradosso è che, pubblicato come singolo, insieme al lato B The Law, inizialmente Hallelujah non ebbe alcun successo commerciale. 

Con il tempo però grazie anche alle successive reinterpretazioni di Hallelujah, ad opera sia dello stesso Cohen, che ne modificò ripetutamente il testo, sia di molti altri artisti, questa canzone diventò un must assoluto. 

Per me la migliore e insuperabile cover della canzone (forse superiore anche all'originale) è quella che risale al 1991 e che fu incisa dal grande  John Cale, soltanto con la sua voce accompagnata dal pianoforte. 

Versione che passò piuttosto inosservata, almeno in Italia, fino al 1998 quando fu usata come tema dell'epilogo del film "Basquiat", realizzato da Julian Schnabel sulla vita dell'artista Jean-Michel Basquiat, lanciato da Andy Warhol e morto prematuramente - a soli 28 anni - nel 1988. 

Vale la pena riascoltare questa versione. 

Cale genialmente ha accelerato i tempi della ballata, rendendola molto più incalzante (l'opposto delle versioni lamentose, da canto scoutistico che vengono fatte oggi), un vero e proprio inno disperato, una richiesta, un contraddittorio ingaggiato con Dio, con il senso vero del trascendente, che parte dalla più coerente tradizione biblica e diventa un trascinante appello moderno nel quale ciascun uomo dei nostri tempi può riconoscersi, con le aspirazioni, le domande irrisolte e l'abbandono e lo sconforto che caratterizzano ogni vita umana. 

Fabrizio Falconi.

21/09/18

Dio Esiste ? "Le non ragioni degli atei - La grande domanda metafisica" - un bellissimo (e definitivo) intervento di Dario Antiseri.


«La scelta fra l’esistenza e l’inesistenza di Dio» – ha scritto Luigi Pareyson – «è un atto esistenziale di accettazione o ripudio, in cui il singolo uomo decide a suo rischio se per lui la vita ha un senso oppure è assurda, giacché a questa opzione si riduce in fondo e senza residuo quel dilemma. Tale opzione è eminentemente religiosa, anche quando si risolva in senso negativo, perché il ripudio di Dio è così strettamente legato all’accoglimento che in alternativa si può farne, che ne conserva sempre un’inconsapevole nostalgia. La filosofia, poi, in quanto sopravviene a scelta già fatta, non ha più voce in capitolo, non certo per affermare l’esistenza di Dio, ma nemmeno per negarla, perché anche il ripudio di Dio non è frutto d’un ragionamento, ma atto profondo e originario della persona. D’altra parte la filosofia non ha il compito di dimostrare l’esistenza di Dio, perché essa non estende la conoscenza a nuovi ambiti di realtà, ma riflette su esperienze esistenziali: il suo compito non è dimostrativo, ma ermeneutico»

E va da sé che il credente che non ha dubbi non ha fede. Hanno dubitato gli Apostoli. La «notte dell’anima» è esperienza di grandi anime mistiche

«L’uomo religioso» – è ancora Pareyson a parlare – «può capire il dubbio, che non è se non il risvolto della sua fede, un aspetto essenziale di essa o un suo momento interno, giacché la fede è ben lungi dall’essere un possesso tranquillo, sicuro e incontrastato, favorito dalla tradizione e ribadito dall’abitudine, ché anzi spesso è lotta durissima e tensione lancinante, appena lenita dalla consapevolezza ch’essa è cosa vivente e vivificatrice, bastevole a ispirare e riempire una vita intera». 

Dunque, se non hai dubbi non hai fede. 

Ma l’ateo troppo sicuro di sé usa o abusa della ragione? 

Quale prova è disponibile per poter sostenere che il tutto-della-realtà è rigorosamente e convincentemente riducibile a quella realtà di cui parla e può parlare la scienza? 

L’ateismo non è una teoria scientifica.

E non è certamente la scienza, finché la ricerca rimane nel suo legittimo ambito di azione, a negare la possibilità di una realtà trascendente.

E c’è di più. Difatti, se la fede conduce al mistero di un Dio creatore, l’ateo non si trova pure lui di fronte al fatto misterioso di un grumo di materia originario da cui si è sviluppata e si sviluppa la storia dell’universo? Questo grumo di materia si è autocreato? 

Come sostiene Wittgenstein nel suo Tractatus Logico-philosophicus, l’esistenza dell’universo è un fatto misterioso, suscita uno stupore abissale. La fisica sposta la «grande domanda» – la domanda metafisica –, non la elimina. 

Così come non la elimina, anzi la genera, la teoria dell’evoluzione della vita

Nessuno può negare che la scienza – con le sue domande e le sue risposte e la sua storia – non abbia alcun valore perché costruita da un essere che avrebbe per antenato una «scimmia». Ma questa «scimmia» rimessa a nuovo, oltre che porsi problemi scientifici, si è posta e seguita a porsi il problema del «senso», del «senso del tutto», un problema eminentemente religioso

E, allora, con quali argomenti lo scientista evoluzionista potrà affermare insensatezza, illusorietà della «richiesta di senso», cioè della domanda religiosa? 

La realtà è che la teoria evolutiva della vita non solo non cancella il problema religioso, ma lo fa emergere. 

Scrive Darwin: «Il sentimento di devozione religiosa è sommamente complesso perché consta di amore, di compiuta sommissione a un essere superiore elevato e misterioso, di un forte sentimento di dipendenza, di timore, di riverenza, di gratitudine, di speranza nell’avvenire, e forse di altri elementi. Nessuna creatura potrebbe provare un’emozione tanto complessa, senza che le sue facoltà morali e intellettuali abbiano raggiunto un certo grado di elevatezza».

12/09/18

Il manifesto programmatico di Paolo di Tarso. Dalla Lettera ai Romani.



Sono passati duemila anni, ma questo resta il programma di vita (e quindi anche politico) migliore partorito dalla storia dell'Occidente. Qualcuno dice utopistico. Solo dall'utopia nasce la civiltà.


Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.

La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; 

amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda

Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. 

Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera

Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. 

Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. 

Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. 

Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi

Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. 

Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.

01/04/18

La poesia di Pasqua: "Tu mi cammini a fianco" di Ada Negri.


Tu mi cammini a fianco


Ti mi cammini a fianco, 
Signore. Orma non lascia in terra il tuo
passo. Non vedo Te: sento e respiro
la tua presenza in ogni filo d'erba,
in ogni atomo d'aria che mi nutre.
Per la redola scura in mezzo ai prati
alla chiesa del borgo
tu mi conduci, mentre arde il tramonto
dietro la torre campanaria. Tutto
nella mia vita arse e si spense,come 
quel rogo ch'or divampa ad occidente
e fra poco sarà cenere ed ombra:
solo m'è salva questa purità
d'infanzia che risale, intatta, il corso
degli anni per la gioia
di ritrovarti. Non abbandonarmi
più. Fino a quando l'ultima mia notte
(forse stanotte!) non discenda, colma
solo di te dalle rugiade agli astri;
e me trasmuti in goccia di rugiada
per la tua sete, e in luce
d'astro per la tua gloria. 


Poesie, Milano, 1948, p.897




11/02/18

Michio Kaku: "Il caso non esiste. C'è una forza intelligente che governa tutto".



Fisico e teorico americano molto rispettato, Michio Kaku, famoso per la formulazione della teoria rivoluzionaria delle stringhe (modello di fisica fondamentale che presuppone che le particelle materiali apparentemente specifici sono in realtà “stati vibrazionali”), ha recentemente causato una piccola scossa nella comunità scientifica sostenendo di aver trovato le prove dell’esistenza di una forza sconosciuta e intelligente che governa la natura. Più semplicemente, qualcuno di simile al concetto che molti hanno di Dio come creatore e organizzatore dell’universo. Per arrivare a questa conclusione Michio Kaku ha utilizzato una nuova tecnologia creata nel 2005 e che gli ha permesso di analizzare il comportamento della materia su scala subatomica, basandosi su un “primitivo tachioni semi-radio”. Tachioni, incidentalmente, sono tutte quelle ipotetiche particelle in grado di muoversi a velocità superluminali, cioè sono particelle teoriche, prive di qualsiasi contatto con l’universo. Quindi questa materia è pura, totalmente libera dalle influenze dell’universo che la circonda.

Secondo il fisico, osservando il comportamento di questi tachioni in diversi esperimenti, si arriva alla conclusione che gli esseri umani vivono in una sorta di “Matrice”, cioè un mondo governato da leggi e principi concepiti da una specie di grande architetto intelligente

“Sono giunto alla conclusione che siamo in un mondo fatto da regole create da un’intelligenza, non molto diversa da un gioco per computer, ma naturalmente, più complessa”, ha detto lo scienziato.

Analizzando il comportamento della materia a scala subatomica, colpiti dalle primitive tachioni semi-radio , un piccolo punto nello spazio per la prima volta nella storia, totalmente libero da ogni influenza dell’universo, la materia, la forza o la legge, è percepito il caos assoluto in forma inedita . 

“Credetemi, tutto quello che fino a oggi abbiamo chiamato caso, non ha alcun significato, per me è chiaro che siamo in un piano governato da regole create e non determinate dalle possibilità universali, Dio è un gran matematico” ha detto lo scienziato .

Michio Kaku ha ricordato che “qualcuno fece ad Einstein la grande domanda: c’è un Dio? Al che Einstein rispose dicendo che credeva in un Dio rappresentato dall’ordine, dall’armonia, dalla bellezza, dalla semplicità e dall’eleganza, il Dio di Spinoza. L’universo potrebbe essere caotico e brutto, invece è bello, semplice e governato da semplici regole matematiche. ”

Per quanto riguarda la formulazione del famoso “String Campo Theory”, o teoria delle stringhe, modello fondamentale della fisica che presuppone che particelle di materiale apparentemente specifici sono effettivamente “stati vibrazionali” un oggetto esteso più base chiamato ” corda “o” filamento “che renderebbe un elettrone, per esempio, non un” punto “struttura interna e dimensione zero, ma una massa di minuscole corde vibranti in uno spazio-tempo di più di quattro dimensioni , Kaku ha affermato che “per lungo tempo ho lavorato su questa teoria, che si basa su musica o piccole corde vibranti che ci danno le particelle che vediamo in natura. Le leggi della chimica con cui abbiamo avuto problemi alle superiori, sarebbero le melodie che possono essere suonate su queste corde vibranti. L’universo, sarebbe una sinfonia di queste corde vibranti e la mente di Dio, su cui Einstein scrisse molto, sarebbe la musica cosmica che risuona attraverso questo nirvana, attraverso uno spazio iper-dimensionale “.

Il fisico americano di origine giapponese ha concluso che “i fisici sono gli unici scienziati che possono pronunciare la parola “Dio” e non arrossire. 

Il fatto essenziale è che queste sono domande cosmiche di esistenza e significato. Thomas Huxley, il grande biologo del secolo scorso, ha affermato che la questione di tutte le questioni della scienza e della religione è determinare il nostro posto e il nostro vero ruolo nell’universo. Pertanto, scienza e religione trattano la stessa domanda. Tuttavia, c’è stato essenzialmente un divorzio nel secolo scorso, più o meno, tra scienza e umanesimo, e penso che sia molto triste che non parliamo più la stessa lingua “.


01/11/17

Ognissanti: La grandezza di San Francesco secondo Gilbert Keith Chesterton.

Francesco  d'Assisi in estasi secondo Francisco de Zurbarán



Nella giornata che la Chiesa Cattolica dedica alla celebrazione dei Santi, pubblichiamo questo stralcio di Gilbert Keith Chesterton dedicato a San Francesco d'Assisi. 


non confondeva la folla con i singoli uomini. Ciò che distingue questo autentico democratico da qualunque altro semplice demagogo è che egli mai ingannò o fu ingannato dall'illusione della suggestione di massa

Qualunque fosse il suo gusto per i mostri, egli non vide mai dinanzi a sé una bestia dalle molteplici teste. Vide unicamente l'immagine di Dio, moltiplicata ma mai ripetitiva. Per lui un uomo era sempre un uomo, e non spariva tra la folla immensa più che in un deserto

Nessun uomo guardò negli occhi bruni ardenti senza essere certo che Francesco Bernardone si interessasse realmente a lui, alla sua vita intima, dalla culla alla tomba, e che venisse da lui valutato e preso in considerazione. 

Ora, per questa particolare idea morale e religiosa non c'è altra espressione esteriore che quella di "cortesia". "Interessamento" non può esprimerla, perché non è un semplice entusiasmo astratto; "beneficenza" nemmeno, perché non è una semplice compassione. Può solo essere comunicata da un comportamento sublime, che può appunto dirsi cortesia. Possiamo dire, se vogliamo, che San Francesco, nella scarna e povera semplicità della sua vita, si aggrappò a un unico cencio della vita del lusso: le maniere di corte. Ma mentre a corte c'è un solo re e una folla di cortigiani, nella sua storia c'era un solo cortigiano attorniato da centinaia di re. 

vide ogni cosa con senso drammatico, staccata dalla sua posizione, non immobile come in un quadro ma in azione come un dramma. Un uccello poteva sfiorarlo come una freccia, un cespuglio poteva fermarlo come un brigante; ed egli era pronto a dare il benvenuto a entrambi. 

In una parola, noi parliamo di un uomo che non confondeva il bosco con gli alberi, e non voleva farlo. Voleva piuttosto considerare ogni albero come un'entità separata e quasi sacra, come una creatura di Dio 

Ogni cosa sarebbe stata in primo piano, e quindi alla ribalta; ogni cosa avrebbe avuto un proprio carattere. Questa è la qualità per cui, come poeta, egli fu perfettamente l'opposto d'un panteista. Non chiamò la natura sua Madre, ma chiamò Fratello un certo somaro e Sorella una certa passerotta.  È qui che il suo misticismo è così simile al senso comune di un fanciullo. Un bambino non ha difficoltà a comprendere che Dio creò cane e gatto; sebbene sia consapevole che la formazione del gatto e del cane dal nulla è un processo misterioso al di là della sua immaginazione. 

Ma nessun bambino capirebbe il senso dell'unione del cane e del gatto e di ogni altra cosa in un unico mostro con una miriade di gambe chiamata natura. Egli senza dubbio si rifiuterebbe di attribuire capo o coda a un simile animale. 

Gli uccelli e gli animali francescani assomigliano davvero a uccelli e animali araldici, non perché fossero favolosi, ma nel senso che erano considerati come realtà, chiare e positive, scevre dalle illusioni dell'atmosfera e della prospettiva. In tal senso egli vide un uccello color sabbia in campo azzurro e una pecora d'argento in campo verde. Ma l'araldica dell'umiltà era più ricca dell'araldica dell'orgoglio, perché giudicava tutte le cose che Dio aveva creato come qualcosa di più prezioso e di più unico dei blasoni che i principi e i nobili avevano dato soltanto a se stessi.

27/05/17

Wenders: "In ogni sguardo che incroci c'è Dio."



"Rivolgersi al lavoro, al mondo e, in particolare, agli 'altri' e' diverso quando credi di essere guardato da un Dio che ti ama; quando quel Dio manifesta se stesso (o se stessa) in ogni volto umano, in ogni sguardo che incroci". 

Wim Wenders, regista tedesco, tra i piu' noti al mondo intervistato durante il Festival di Cannes, racconta il suo approccio personale e artistico alla spiritualita'. 

Spiega di aver compreso "il fatto che la fede potesse influenzarti come artista" quando, nel 1987, "ho aderito al progetto di un film poetico, totalmente improvvisato, quale 'Il cielo sopra Berlino'. È la storia di due angeli custodi che tengono d'occhio i propri protege's nella citta' di Berlino. Quando mi sono accorto che il compito piu' importante del film era cercare di rendere, di declinare, 'the Angel's gaze at people', lo sguardo degli angeli sulle persone, ma anche di mostrare come gli angeli ci vedono, questo mi ha fatto comprendere che tale opera ha avuto un altro effetto in me, mai sperimentato prima"

Aggiunge Wenders: "Il cinema in verità e' capace di farci guardare il mondo in maniera differente, di rivelarci realmente che uno sguardo di tenerezza e' di fatto possibile".  In particolar modo 'Il cielo sopra Berlino' "non solo ha schiuso dinanzi a noi il mondo visibile, ma ci ha permesso di cogliere dei frammenti di quello invisibile, di quello celeste. Col senno di poi, dunque, e' sembrato come se gli angeli che ho ricercato ed evocato nel film mi avessero concesso una grande lezione sull'atto del vedere".

06/02/17

"C'è una profonda congruenza tra ragione e struttura dell'Universo." Una intervista a J.M.Coetzee (di Piergiorgio Odifreddi).


J.M.Coetzee

Ripropongo questa intervista realizzata da Piergiorgio Odifreddi a J.M. Coetzee nel 2004 a Mantova, una delle rarissime interviste rilasciate da colui che è considerato uno dei più grandi scrittori viventi.
Secondo Nadine Gordimer, premio Nobel per la letteratura nel 1991, John Coetzee è il più rappresentativo scrittore sudafricano vivente. Ma la connotazione geografica non è certamente l'aspetto più significativo delle opere del premio Nobel per la letteratura nel 2003: il quale, fra l'altro, dopo aver lavorato qualche anno in Inghilterra, e insegnato a lungo negli Stati Uniti, vive ora in Australia.

Le sue opere più profonde, infatti, sondano le dimensioni dell'angoscia in una serie di narrazioni strazianti che, spesso, mettono in scena in prima persona personaggi femminili. Dopo una serie di romanzi straordinari, come Terre al crepuscolo (1974), Deserto (1977), Aspettando i barbari (1980), La vita e il tempo di Michael K. (1983), Età di ferro (1990), Il maestro di Pietroburgo (1994) e Vergogna (1999), e i due racconti autobiografici Infanzia (1997) e Gioventù (2002), Coetzee ha recentemente inventato un nuovo genere: le conferenze-racconto di La vita degli animali (1999) e Elizabeth Costello (2003).

L'abbiamo incontrato l'11 settembre 2004 al Festival di Letteratura di Mantova, per parlare con lui dei suoi studi matematici e dei suoi esordi da informatico. 

Lei si è laureato sia in letteratura che in matematica: interessi contradditori o complementari? 
Interessi che non hanno interagito fruttuosamente fra loro. Guardando indietro, ora penso che avrei dovuto studiare filosofia, lingue moderne, o addirittura lingue classiche, invece che matematica, visto che poi ho comunque dovuto farlo in seguito. 


Che cosa l'attraeva di più, nella matematica? 
Agli inizi la teoria dei numeri. In seguito, la probabilità. 

Continua a interessarsene anche ora? 
No, non mi sono più aggiornato sugli sviluppi contemporanei. 

Lei è stato addirittura un programmatore informatico, per tre o quattro anni. 
Sí, in Inghilterra, prima di iniziare il dottorato in letteratura negli Stati Uniti. 

Cosa faceva? 
Dapprima ho lavorato in una ditta che accettava lavori di programmazione su commissione. Poi con un gruppo che faceva programmazione di sistemi. 

E le piaceva? 
Non posso dire che fosse un lavoro creativo, ma era coinvolgente: allo stesso modo in cui possono esserlo gli scacchi. C'erano periodi in cui lavoravo con intensa concentrazione, fino a sedici ore al giorno. Ora penso a quegli anni come persi: avrei potuto spendere quelle infuocate energie mentali su qualcosa di più importante che la programmazione. Tra l'altro, si trattava di programmi che comunque diventavano obsoleti in un paio d'anni, superati dai nuovi sviluppi dell'informatica. 

Che cosa le ha comunque lasciato questo suo background, nel suo lavoro di scrittore? 
Mi ha insegnato a concentrarmi. E mi ha abituato a completare per bene una costruzione in ogni dettaglio, non solo qui e là. 

In Gioventù lei dice che "la poesia è verità''. Come paragonerebbe la verità matematica a quella di un'opera d'arte? 
Gioventù è il racconto di un giovane: oggi non direi più niente di cosí romantico. Comunque, le verità matematiche sono analitiche, e già implicite negli assiomi: come poi accada che esse abbiano poteri descrittivi e predittivi sul mondo reale, è qualcosa che non posso dire di capire. Le verità della poesia, e più generale dell'arte, se ci sono, sono invece verità empiriche: più precisamente, sul modo in cui noi, come esseri animati, sperimentiamo il mondo. 

Gioventù tocca anche il problema delle relazioni tra pensiero intuitivo da un lato, e meccanico o formale dall'altro. Ci può essere creatività e bellezza anche in quest'ultimo? Penso, ad esempio, alle opere di Bach o Perec.
 
Non credo che si possa instaurare un valido paragone tra le forme di pensiero che occorrono in musica o in letteratura, anche quando sono di natura relativamente formale, come negli esempi che lei cita, e i processi di ragionamento "meccanico'', del tipo di quelli a cui obbedisce un programma di computer. Se paragoniamo un musicista creativo come Bach con uno relativamente non creativo come Telemann, la differenza che ci colpisce è proprio che Bach trascende sempre il formale, in modi assolutamente non prevedibili, mentre Telemann rimane in genere invischiato nel formalismo. 

In Gioventù lei solleva il problema se la logica sia un'invenzione umana, e in Elizabeth Costello fa lo stesso per la nozione di infinito e, più in generale, per la matematica. Logica e matematica possono essere considerate tipi di creazioni artistiche, come la letteratura e la musica? 
Non saprei cosa pensare, a questo proposito. Logica e matematica sono certamente creazioni della ragione umana, ma la storia della matematica mostra che ciò che al momento può essere visto come un atto di libera creazione, in seguito può avere applicazioni nel mondo reale. In altre parole, sembra esserci una profonda congruenza tra le facoltà della ragione e la struttura dell'universo. 

E questo cosa significa? 
Non lo so. A meno di postulare un creatore la cui essenza sia il logos

In Elizabeth Costello l'omonima protagonista dice che la sua professione è scrivere, non credere. E' veramente possibile realizzare costruzioni intellettuali senza possedere forti credenze? Non penso a una religione, ma a una visione del mondo o una metafisica. 
Ci sono almeno tanti tipi di scrittori quanti ce ne sono di matematici, se non di più. Naturalmente molti scrittori si basano su forti credenze, ma per altri la cosa più importante è essere ricettivi: si potrebbe usare qui la metafora dell'arpa eolica, le cui corde vibrano al vento. Questi scrittori credono di essere stati "dotati'' di una facoltà, che rischia di essere intralciata o impedita se essi permettono alle proprie vite di essere dominate da forti convinzioni intellettuali. 

In Che cos'è un classico lei discute musica e letteratura, ma non la matematica. Non è strano, visto che essa è in fondo il migliore esempio di qualcosa che parla attraverso i tempi e le nazioni? 
A parte una piccola minoranza di casi, le dimostrazioni dei teoremi matematici non parlano affatto attraverso i tempi: in questo senso, sono diverse non soltanto dai testi letterari o musicali, ma anche da quelli filosofici. Detto approssimativamente, non c'è niente che si possa chiamare "stile individuale'', in matematica: in ogni tempo, e in ogni campo, sembra esserci un approccio uniforme riguardo al tipo di domande che bisogna porre, e di risposte che bisogna dare. 

A me sembra che l'oggettività della matematica riguardi soltanto i risultati, che si scoprono, e non la soggettività delle loro dimostrazioni, che si inventano. Non solo Ramanujan, che lei cita in La vita degli animali, ma tutti i grandi matematici sembrano avere uno stile definito e riconoscibile. Basta ricordare l'episodio in cui Johann Bernoulli, vista la soluzione di un problema che Newton gli aveva mandato anonimamente, esclamò: "Riconosco il leone dalla zampata''. 
Allora forse devo ritrattare la mia precedente risposta. 

A proposito de La vita degli animali, Elizabeth Costello traccia una connessione fra il genocidio degli ebrei e degli animali. Cosa risponderebbe, a chi le obiettasse che Hitler era vegetariano? 
Che il fatto che una particolare persona sia o sia stata vegetariana, non ha nessuna importanza. 

E all'osservazione che il 90% dell'agricoltura mondiale è dedicata alla produzione di mangime per animali? 
Che dedicare cosí tanto del potenziale agricolo mondiale a produrre cibo per nutrire animali, affinchè i ricchi possano mangiare tanta carne quanto desiderano, è moralmente vergognoso. 

In La vita degli animali lei cita l'articolo di Nagel su "cosa significa essere un pipistrello'', e in Vergogna solleva la questione se un uomo possa mettersi nei panni di una donna. Quali sono i limiti dell'identificazione negli altri (animali, persone, alieni, macchine pensanti)? 
In parte non si può rispondere alla domanda: ad esempio, nel caso degli animali, coi quali non condividiamo un linguaggio. Per quanto riguarda uomini e donne, invece, ci sono scrittrici che, a mio parere, capiscono perfettamente l'esperienza maschile. E ho tutti i motivi di credere che ci siano scrittori che capiscono bene l'esperienza femminile ... 

Parlando di identificazione con gli altri, qual è il prezzo psicologico che uno scrittore deve pagare per inventare personaggi angosciati e angoscianti come quelli di Aspettando i barbariLa vita e il tempo di Michael K. o Vergogna? 
Nessun prezzo. 

A proposito di quei romanzi, come mai presentano uomini sulla cinquantina come avviati alla decadenza fisica? Mi sembra un po' prematuro, forse perchè io ho esattamente la loro età ... 
Quando ho scritto Aspettando i barbari ero sulla trentina, e quell'età mi sembrava lontana. Ma rimane il fatto che gli uomini sulla cinquantina non sono attraenti per le giovani donne che loro invece trovano cosí attraenti. 

Allora ho qualche motivo di credere che ci siano matematici che non capiscono bene l'esperienza femminile ...


Piergiorgio Odifreddi

16/01/17

Esce "Il genere di Dio - La Chiesa e la teologia alla prova del Gender" di Selene Zorzi.



Si fa un gran parlare in questo periodo, anche a sproposito, di teoria gender. 

Di fronte al risveglio degli studi di genere, il tema giunge fino a coinvolgere la teologia, giungendo a domandarsi di che genere sia Dio padre. 

Ma Dio non ha sesso. La sua immagine va identificata piuttosto nella relazione. Nella persona umana l’energia affettiva (eros) è primaria. 

E Dio è Amore. Questo libro nasce dalla consapevolezza che quando l’Italia un giorno sgomenta svegliandosi ha scoperto che tutti parlavano del Gender, la Chiesa e la teologia si sono ritrovate spesso appiattite o ricondotte a posizioni di gruppi fondamentalisti. 

Il bisogno che ha generato queste pagine, seguite a confronti e dibattiti pubblici, è che la chiarezza dommatica, la spiegazione dei testi biblici, il rendere chiara la dottrina della Chiesa sia un servizio necessario per evitare che l’ignoranza, il non sapere cioè di questioni importanti che attingono all’umano come immagine del divino che è in ognuno, degeneri al punto da proclamare verità ciò che è invece solo confusamente ci viene dato di conoscere

Le questioni principali degli studi di genere a cui la teologia può offrire un contributo prezioso, sono in questo volume affrontate con un linguaggio semplice perché chiaro, supportato da studi sedimentati nell’autrice che ha il coraggio di sostare quando le risposte indicano il bisogno di una ricerca ancora aperta. 

Pagine che lette fino alla fine ci apriranno il cuore e la mente a una più corretta interpretazione di quell’essere, come creature, immagine del Creatore che sì ci fece maschi e femmine, ma soprattutto ci fece a sua immagine.

Selene Zorzi
Il genere di Dio 
La Chiesa e la teologia alla prova del Gender 
Pagine 106 
Edizioni La Meridiana, Firenze, 2017

13/11/16

Poesia della Domenica - Il libro della misericordia di Leonard Cohen.





in memoriam Leonard Cohen (21 settembre 1934 - 7 novembre 2016)

Mi hai lasciato cantare, mi hai sollevato, hai dato alla mia anima un raggio su cui viaggiare. Hai ripiegato la tua distanza nel mio cuore. Hai riportato le lacrime ai miei occhi. Mi hai nascosto nella montagna della tua parola. Hai dato alla ferita una lingua per risanarsi. Mi hai coperto la testa con le attenzioni del mio maestro, hai dotato il mio braccio della forza di mio nonno. O amore che parli, o conforto che sussurra nel terrore, indicibile spiegazione del fumo e della crudeltà, dissolvi quest'autocospirazione, lasciami osare l'ardimento della gioia.


Leonard Cohen, Dal Libro della misericordia (19),  Traduzione di Giancarlo De Cataldo e Damiano Abeni, Minimum Fax, Roma, 2013.

21/10/16

Che cosa è la libertà ? (Bonhoeffer)



"Colui che è responsabile agisce nella libertà della sua persona, senza mettersi al riparo dei suoi simili, delle circostanze o di certi principi, ma tenendo conto di tutte le circostanze di carattere umano e ambientale e delle considerazioni di principio. 

Il fatto che nulla lo può difendere, che non può scaricarsi se non sui suoi atti e su se stesso, è la prova della sua libertà. Egli stesso deve osservare, giudicare, pesare, decidere, agire; lui solo dovrà esaminare i motivi, le possibilità di riuscita, il valore e il senso della sua azione. Ma né la purezza della motivazione né le condizioni favorevoli, né il valore, né la scelta giudiziosa dell'azione progettata potrà diventare la regola, dietro la quale trincerarsi o dalla quale possa essere giustificato e assolto. Altrimenti non sarebbe più realmente libero."

"La struttura della vita responsabile è determinata da due fattori: dal vincolo con l'uomo e con Dio, e dalla libertà della vita personale.  Quel vincolo dà origine alla libertà della vita del singolo.  Non esiste responsabilità al di fuori di quel vincolo e di quella libertà.  La vita che quel vincolo ha reso altruistica e disinteressata è l'unica veramente libera di esplicarsi e di agire in modo personale.  Il vincolo assume la forma di una sostituzione a favore del prossimo e di un atteggiamento conforme alla realtà, mentre la libertà si esprime nell'autocritica della vita e dell'azione e nel rischio della decisione concreta."

"Responsabilità e libertà sono concetti correlativi. La responsabilità presuppone oggettivamente -- non cronologicamente -- la libertà, così come la libertà non può sussistere se non nella responsabilità. La responsabilità è la libertà dell'uomo data solo nel legame con Dio e con il prossimo."

"E' infinitamente più facile soffrire ubbidendo ad un ordine dato da un uomo, che nella libertà dell'azione responsabile personale.
E' infinitamente più facile soffrire comunitariamente che in solitudine.
E' infinitamente più facile soffrire pubblicamente e ricevendone onore, che appartati e nella vergogna.
E' infinitamente più facile soffrire nel corpo che nello spirito.
Cristo ha sofferto nella libertà, nella solitudine, appartato e nella vergogna, nel corpo e nello spirito, e da allora molti cristiani con lui."

Dietrich Bonhoeffer (Breslavia, 4 febbraio 1906 – campo di concentramento di Flossenbürg, 9 aprile 1945) teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo.


18/09/16

E' morto padre Gabriele Amorth. Il ricordo di un sacerdote che lo ha conosciuto.




E' morto ieri all'età di 91 padre Gabriele Amorth. Questo è il ricordo di un sacerdote, Don Alessio (nome convenzionale), che lo ha conosciuto. 


Lei ha avuto occasione di conoscerlo bene. Che ricordo ha di lui ?

L'ho frequentato quando celebrava esorcismi nella sua chiesa vicino a via Manzoni. Un individuo serafico anche davanti a casi che erano impressionanti pure per chi aveva i nervi saldi. Aveva una teoria eccellente sul male: l'essere umano non ha bisogno del demonio per farlo, ci riusciamo anche da soli, ma quando il male travalica una certa soglia e diventa troppo disumano è ragionevole pensare che intervenga il maligno. Dopo le sue benedizioni i suoi pazienti restavano anche mezz'ora in stato di incoscienza ed erano incapaci di camminare o di parlare. Mai visto cose del genere. E questo solo con semplici preghiere in latino.

Padre Amorth prima di essere ordinato prete nel 1954 fu anche partigiano, rifiutandosi di rispondere alla chiamata alle armi della Repubblica di Salò. In lui c'era anche impegno civico ?

In gioventù scampò una condanna a morte. Il suo impegno civile era quello di un sacerdote che desidera contribuire a migliorare il mondo con la preghiera e aiutando gli altri a stare meglio con sé stessi e con Dio. Poi a quanto ne so, ha aiutato moltissimo i bisognosi con fondi personali. Arrivava perfino a pagare degli affitti a persone vessate dal maligno che non erano in grado di mantenersi.

Con il tempo, Amorth, grazie alle sue pratiche esorciste, è diventato quasi un personaggio leggendario. Perché intorno a questa pratica esiste un alone così oscuro, gotico?

Perché il genere horror vende bene (sorride). Abbiamo una tradizione di film più o meno riusciti che parlano del demonio (L'Esorcista, L'esorcismo di Emily Rose etc) quindi il pubblico conosce gli esorcisti tramite il genere hollywoodiano ma in realtà l'esorcismo è innanzi tutto una attività di consolazione. Gesù dice "se scaccio il demonio col dito di Dio è giunto tra voi il regno dei Cieli". Si capisce quindi che l esorcismo e anzitutto un evento di gioia, una vittoria del bene sul male anche se ha risvolti talora drammaticissimi.

 Anche lei ha esercitato pratiche esorcistiche ? In quali casi esse possono essere messe in atto ?

Sono stato esorcista per qualche anno dopo aver seguito le sedute di don Amorth. Vanno messe in atto quando si ha la ragionevole certezza che dati disturbi abbiano origine malefica (malefici, fatture messe nere etc.). Quindi occorre prima una adeguata anamnesi del soggetto affinché si possa ricostruire la sua storia. Talora sono proprio gli psichiatri che richiedono l aiuto di un esorcista perché dati sinonimi non hanno riscontro nella letteratura scientifica!

E' una tradizione molto antica ?

Il primo esorcista fu proprio Gesù. E si badi che non curava malattie con l'esorcismo ma proprio cacciava i demoni perché nel Vangelo si dice "alcuni li guarì altri li esorcizzò". Anche la Madonna lo è. Di lei si dice che col calcagno schiaccia il capo del serpente che è simbolo del male. Un giorno chiesi a don Gabriele "ha mai avuto paura in un esorcismo?" Rispose "paura io? È il demonio che deve averne..."

Fabrizio Falconi - riproduzione riservata. 

20/04/15

Cacciari: "Nietzsche non ha nulla a che fare con un volgare ateismo."




Cacciari: «L’ateismo oggi? Volgare e mondano»

"L’affermazione nietzschiana della morte di Dio non è affatto volgarmente ateistica come qualcuno può pensare".
Massimo Cacciari – protagonista di un dibattito con il filosofo francese Rémi Brague – da non credente si è occupato a fondo Dell’inizio e Della cosa ultima, per dirla con il titolo di due suoi volumi ponderosi. E rifiuta con sdegno l’idea che Nietzsche sia uno dei grandi padri dell’odierna negazione di Dio.

Professore, eppure è a lui, spesso in coppia con Heidegger, che tanta parte della cultura che rifiuta il monoteismo cristiano guarda con riconoscenza...

"Un autore come Nietzsche non ha nulla a che spartire con un volgare ateismo. Anche Hegel, che si professava filosofo cristiano, affermava che la proprietà essenziale del monoteismo cristiano consisteva nel pensare la morte di Dio. C’è un modo di pensare questa morte che può essere propriamente cristiano, che anzi costituisce la proprietà specifica del cristianesimo. Tanto meno in Heidegger c’è una posizione di stupido ateismo. Caso mai si può pensare a una critica di Heidegger alla tradizione che pensa Dio in termini ontoteologici, che pensa Dio con la categoria dell’ente sommo e quindi dimentica la differenza tra ente ed essere, la differenza ontologica. Ma è una critica che può benissimo essere intesa come interna alla tradizione monoteistica non solo cristiana, ma anche giudaica e islamica. Perché la critica all’ontoteologia è presente in tutte e tre le grandi correnti del monoteismo abramitico. Quindi bisogna stare molto attenti nel pensare che la filosofia di stampo nietzscheano-heideggeriano significhi l’abbandono della questione di Dio. Anzi, è un affrontamento radicale di tale questione".


Quali sono per lei le vere forme dell’ateismo filosofico contemporaneo?
"La vera forma dell’ateismo, che non ha a che vedere né con Nietzsche né con Heidegger, è la visione per cui, detto in estrema sintesi, noi siamo soltanto un essere nel mondo: noi siamo accasati, addomesticati nel nostro essere mondano. E al di là di questo non c’è nulla, o meglio, c’è il nulla, di cui non bisogna assolutamente avere cura. Questa sì è una posizione ateistica presente in varie correnti del pensiero contemporaneo".

Lei oggi interviene sul rapporto fra il Dio cristiano e le altre religioni. Tanto per stare sull’attualità: come giudica un’alleanza che si propone sempre più spesso, quella tra cristianesimo e liberalismo ateo o immanentista in funzione anti-islamica?

"L’ateismo nei termini che le ho appena detto, moneta corrente al giorno d’oggi, è essenzialmente opposto a ogni possibile versione o declinazione della radice abramitica del monoteismo. Un’alleanza di questo ateismo e di un liberalismo immanentista con il monoteismo cristiano in funzione anti-islamica non può far altro che tradire quella che è l’essenza del cristianesimo. Direi di più: è una totale aberrazione. Un liberalismo di stampo immanentistico condivide con le posizioni genericamente ateistiche l’idea che al di là dell’esserci non c’è nulla. Anzi, che Dio è il nulla. Il che, mi lasci dire, per tornare al punto iniziale, è ben diverso dal dire: Dio è morto".

Tratto da Avvenire, 11 dicembre 2009.