10/06/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 28. "Ecco l'impero dei sensi (Ai no korīda)" di Nagisa Oshima (1976)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 28. "Ecco l'impero dei sensi  (Ai no korīda)" di Nagisa Oshima (1976)

Un classico, scritto e diretto dal maestro Nagisa Ōshima e basato su un celebre episodio di cronaca avvenuto nel Giappone degli anni trenta, Ecco l'impero dei sensi, trovò un notevole riscontro non solo di critica ma anche di pubblico a metà degli anni '70, dovuto sicuramente anche al pruriginoso lancio pubblicitario che fu fatto per il film, definito come "trasgressivo" e tacciato perfino di pornografia.

La vicenda è ambientata nella Tokyo del 1936 e descrive il legame tra la giovane cameriera ed ex prostituta Sada Abe (nome che ovviamente richiama il marchese De Sade) e Kichizo "Kiki san" Ishida, proprietario della pensione presso cui presta servizio. 

La relazione, iniziata con l'attrazione reciproca, si trasforma in un gorgo divorante che trascina i due sempre più dentro il loro universo esclusivo e claustrofobico. I due amanti vivono alimentandosi solo di amplessi e di rapporti sempre più estremi, sacrificando ogni forma di quotidianità tradizionale e di razionalità. 

Un gioco ossessivo che si conclude tragicamente con la morte di Kiki, soffocato nell'ultima e mortale trasgressione.

Nello scandaloso finale, Abe Sada recide il membro di Kiki - d'evidente valore simbolico e affettivo - e se ne appropria, portandolo dentro di sé per tre giorni, fino all'arresto da parte della polizia.

Dopo Ultimo Tango a Parigi di Bertolucci, Ecco l'impero dei sensi porta alle estreme conseguenze le idee di Georges Bataille: la passione fisica, il piacere sessuale, il gusto della trasgressione e la morte vi sono strettamente legati, come le corde che stringono gli amanti. 

E, come scrisse Callisto Cosulich nella occasione della uscita italiana della pellicola, il film si presenta come la messa in scena dell'aforisma di Montaigne: attraverso il sesso l'appropriazione della vita fino alla morte. 

Al di là dei temi affrontati, Oshima realizzò un capolavoro assoluto grazie alla perfezione formale dell'opera: la scelta degli ambienti, che rimandano al teatro giapponese tradizionale, i movimenti della camera, il montaggio compongono l'unità narrativa e formale di un racconto che scuote e avvince. 




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