01/08/17

Torna in Libreria "Misteri dei Rioni e Quartieri di Roma" di Fabrizio Falconi - L'introduzione.







Introduzione 


 Rione è ormai una parola consolidata, entrata nell’uso comune del linguaggio a Roma, anche se la modernizzazione della città l’ha sostituita negli ultimi anni, impropriamente, con la parola Quartiere. Il termine antico di Rione deriva – come è evidente dalla etimologia – dalla parola regione e rimanda immediatamente alle quattordici celebri regioni in cui era suddivisa Roma all’epoca di Augusto, tredici delle quali erano poste sulla sponda sinistra del Tevere (dove del resto la città era sorta) e una soltanto – Trastevere – sulla sponda destra.

Ma i Rioni che si sono poi consolidati nella storia cittadina hanno poco a che vedere con le regioni originarie di epoca imperiale. Se infatti esiste una certa continuità, fino al VII secolo, dopo la caduta dell’Impero, a partire dal 600 d.C., tutto cambia nella storia e anche nella topografia cittadina: Roma si svuota di popolazione – un crollo verticale – la città si cristianizza definitivamente con la trasformazione di quasi tutti gli edifici dell’età classica in luoghi cristiani, si assiste a un progressivo svuotamento del territorio urbano: le rovine della Roma di un tempo, cadute nell’oblio, vengono letteralmente ingoiate dalla campagna incolta, e dentro l’incredibile recinto murario costruito sotto Aureliano (diciotto chilometri di cinta fortificata per millequattrocento ettari di territorio !) si aprono enormi spazi vuoti, con nuclei abitati divisi tra di loro da considerevoli distanze, che rendono necessarie nuove fortificazioni parcellizzate – visto anche che la cinta muraria originale è ormai fatiscente e passibile di attacchi e invasioni – com’è il caso della cosiddetta Città Leonina, innalzata da Leone IV (847-855 d.C.), che creò una efficace protezione alla zona dell’ager vaticanus e della Basilica di San Pietro.

 Tra l’VIII e il IX si spezza dunque definitivamente quella continuità territoriale con la vecchia Roma imperiale: la Città viene ripensata secondo nuovi criteri, che sono fondamentalmente quelli cristiani, quelli che si ispirano all’uso che della città viene fatto dai molti pellegrini che da ogni parte d’Europa si mobilitano per venire a visitare i celebri Mirabilia Urbis – quel che ne resta – e i sepolcri dove sono conservate le ossa degli Apostoli del Cristianesimo in Occidente, Pietro e Paolo.

A partire dall’anno mille, la popolazione in città ricomincia a crescere, le zone abitate lentamente iniziano nuovamente ad espandersi. Ed è proprio in questo periodo che i romani ritornano ad usare il termine Regio – prodromo di quello di Rione – per indicare le zone abitate della città (ad esempio Regio que vocatur Clivus Argentarii, ovvero la zona sotto il Campidoglio, che oggi è identificabile con il Velabro e il cosiddetto Arco di Giano bifronte).

Regio o Rione iniziano ad essere usati indifferentemente per indicare alcune zone della città, per l’esattezza dodici (anche se nei documenti notarili dell’epoca si arriva a trenta) dei quali ignoriamo l’estensione e i confini precisi, anche se sappiamo che molto probabilmente non avevano nulla a che vedere né con le quattordici regioni augustee, né con le sette regioni ecclesiastiche del III secolo d.C. e nemmeno con le dodici regioni militari di età bizantina. 

All’inizio del milleduecento, in un codice viennese, repertorio dei Mirabilia Urbis, appare una lista di rioni romani, suddivisi in dodici principali e ventisei secondari; è soltanto una lista provvisoria che tenta di fotografare una realtà magmatica, in continuo movimento: il tessuto urbano di Roma, infatti, in questo periodo medievale, sta letteralmente rinascendo e riassestandosi sulle stesse modifiche geologiche intercorse in lunghi anni di abbandono, come ad esempio l’innalzamento del livello del calpestio stradale di diversi metri, in tutte le zone del centro.

Fino alla fine del 1500 il numero dei rioni rimarrà consolidato in tredici (dodici sulla sponda sinistra più Trastevere sulla sponda destra), ma nel Rinascimento, a partire dalla prima metà del Quattrocento, si assiste ad una profonda trasformazione del tessuto urbano di Roma, dovuto sostanzialmente a due fattori: l’incremento demografico, che rende sempre più densamente costruite le zone già abitate e l’interventismo dei pontefici che a partire da Papa Niccolò V (1447-1455) iniziano diversi interventi edilizi e viari, che modificano costantemente la topografia cittadina, ristabiliscono i confini, determinano nuove vie di collegamento e nuove suddivisioni.

La cittadella vaticana diventa la residenza dei papi, vengono restaurati gli antichi ponti (Milvio, Nomentano), risanati i vecchi acquedotti, ristrutturate e ripavimentate le piazze, aperte nuovi assi viari, iniziate nuove costruzioni negli spazi non edificati (ancora molto estesi) tra una contrada e l’altra all’interno del vecchio immenso recinto delle Mura Aureliane, facilitati i collegamenti tra una sponda e l’altra del fiume, si consolida l’esistenza e il nome dei più antichi rioni rivieraschi (Sant’Angelo, Ripa, Campitelli), crescono e si sviluppano i rioni interni, S.Eustachio, Parione, Ponte, Borgo, che diventa – quest’ultimo – non un vero e proprio rione a sé stante, ma un’entità territoriale a parte vista la sua vicinanza al nucleo Vaticano, vengono aperte nuove, fondamentali vie molto lunghe, che attraversano diversi rioni e li mettono in collegamento tra di loro: la Via Alessandrina, Via della Lungara e Via della Lungaretta, Via Giulia.

Questa grandiosa opera verrà poi completata principalmente sotto Sisto V (fautore del più grande e complesso progetto urbanistico della città, passato alla storia come Piano Sistino) e sotto i suoi successori, in secoli in cui – nel Cinquecento, Seicento e Settecento, Roma conoscerà i fasti di una rinascita archeologica, artistica e politica che la rimetteranno per molti versi, al centro del mondo.

Nel frattempo, all’interno dei rioni, che si vanno consolidando, si iniziano a stabilire anche le linee amministrative e gerarchiche: ad ogni rione è proposto infatti un caporione, contrassegnato dalle bandiere e dalle insegne rionali che porta e che per questo motivo è definito spesso anche banderese. Tra di essi, cioè tra i caporioni, comincia ad emergere la figura del Priore, che le normative comunali stabiliscono essere il caporione del rione Monti, il più vasto e popoloso della città.

Un potere – antesignano dei moderni municipi e del moderno ruolo di sindaco – che verrà guardato spesso con sospetto dalle autorità papali e apertamente combattuto per limitarne l’espansione, anche se il ruolo dei caporioni – dapprima eletti a sorte, poi nominati direttamente dal Papa – rimarrà a lungo, fino alla loro definitiva eliminazione da parte di Papa Pio VII (1800-1823).

Al termine di questa lunga cavalcata nei secoli e nella storia, il numero dei Rioni di Roma si stabilizzò, fino alla Unità d’Italia, nel numero di quattordici: il nucleo storico dei Rioni era dunque formato da Monti, Trevi, Colonna, Campo Marzio, Ponte, Parione, Regola, Sant’Eustachio, Pigna, Campitelli, Sant’Angelo, Ripa, Trastevere e Borgo. Nel 1874, subito dopo la Presa di Roma, a questi si aggiunse l’Esquilino, il quindicesimo Rione, ritagliato da una parte del rione Monti, che per molto tempo era stato considerato un luogo miserando (o maledetto) per il fatto che nell’antichità fu adibito a sepolcreto per gli schiavi, le meretrici e i condannati a morte. Ma alla fine dell’Ottocento conobbe un rapido sviluppo e divenne il rione piemontese di Roma.

 Proseguendo nello sviluppo urbanistico, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, vi furono altre suddivisioni dei Rioni esistenti. Nacque il sedicesimo rione, Ludovisi, nato dallo smembramento della meravigliosa Villa Ludovisi, che per secoli aveva esteso i suoi rigogliosi giardini dentro il tracciato cittadino in una amplissima zona che lasciò così il posto ad un nuovo rione; il diciassettesimo, ovvero il Sallustiano, scaturito dallo sviluppo edilizio seguito alla breccia di Porta Pia, che riscrisse la topografia della zona; il Castro Pretorio, decretato dal Comune nel 1871 e urbanizzato in larghe zone dove erano esistite vigne e terreni coltivati; il Celio, nato nel 1872 dopo gli intensi interventi nella zona del Colosseo, in pieno centro archeologico, ritagliato nel rione Monti; il Testaccio, costruito tra il 1873 e il 1883 come quartiere operaio, primo industrializzato della Capitale d’Italia; il San Saba, nato nel 1906 e completato nel 1923 sugli sviluppi edilizi della piccola altura tra l’Aventino e Caracalla; e infine il Prati, l’ultimo arrivato dei Rioni, che prese il nome dai Prata Neronis, diventati nel Medioevo Prata Sancta Petri, istituito a partire dal piano regolatore del 1873 che gli attribuì la qualifica di Rione, non senza polemiche, visto che mancavano in questa zona monumenti importanti, Rione che viene impropriamente associato al confinante Della Vittoria, il quale invece è il quindicesimo quartiere di Roma (chiamato già Milvio, dal 1921 al 1935).

 Fin qui, succintamente, la storia dei Rioni di Roma. A partire invece da Novecento, ed in particolare dai primi sessant’anni di questo secolo, nasce la vicenda dei Quartieri e dei Suburbi della Città, che dopo l’unificazione d’Italia e l’industrializzazione, si popola velocemente al pari delle altre capitali europee fino a raggiungere la tentacolare espansione di oggi, con una popolazione ormai stimata tra i tre e i quattro milioni di abitanti (compreso l’hinterland).

La distinzione tra Rioni e Quartieri è più che altro di natura teorica, essendo i Quartieri tendenzialmente legati alle zone più esterne della città rispetto ai Rioni, anche se in gran parte legata – in fatto di storia e tradizione – a quelli, cioè ai Rioni di cui sono confinanti.

 La mappa dei Quartieri è presto saltata per via del rapidissimo processo di speculazione edilizia, che in particolare nel dopoguerra ha cambiato spesso i confini teorici dei quartieri con l’inglobamento di nuovi territori che una volta erano considerati Suburbi, cioè la vera e propria periferia della città.

 Il cemento ha invaso una gran parte della cosiddetta campagna romana, che per gli ultimi due millenni si era mantenuta quasi del tutto incontaminata, occupando l’Agro Romano e anche i cosiddetti Quartieri Marini. I quartieri tradizionali di Roma – Appio, Casilino, Tuscolano, Cassio, Flaminio, Salario, Aurelio, Portuense – prendono il nome dalle vie consolari aperte nell’antichità.

Ad essi se ne sono aggiunti altri, più recenti, come il Della Vittoria e il Trieste, legati ad avvenimenti della Prima Guerra Mondiale o come l’Eur, o Europa, in omaggio all’ideale europeo che diede vita al Mercato Economico nel 1957. Non tutti i Quartieri, che sono secondo un censimento completo, trentadue e non tutti i Suburbi, oltre ovviamente alle cinquantasei zone dell’Agro Romano e dei tre Quartieri Marini hanno trovato posto sulle pagine di questo testo.

L’intento di Misteri e Segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma è infatti principalmente quello di raccontare gli aspetti meno noti, caratteristici – misteriosi appunto – della città, localizzando i luoghi e quindi le storie ad esse collegate, nei diversi rioni e quartieri, esposti secondo l’ordine tradizionale, in base ad un criterio personale che per forza di cose ha dovuto operare una selezione nel vastissimo materiale possibile.

E’ pur vero infatti che Roma è una materia che non si finisce mai di studiare e di imparare. La sua storia, trimillenaria, non ha eguali al mondo. Ogni volta, Roma è rinata dalle sue ceneri e anche nei suoi periodi bui o di oblio ha continuato a produrre incredibili quantità di storie, di vita, di patrimonio culturale che solo in parte sono oggi memoria collettiva e che invece possono essere riscoperti da chi oggi vi abita e da chi ama questa città e vuole visitarla.

 Il lato misterioso e segreto di Roma è preponderante: come è noto, esso ha affascinato nei secoli le menti più illustri d’Europa e spesso – paradossalmente – meno chi vi risiedeva ed era abituato a convivervi, forse proprio per quella caratteristica antropologica che sembra appartenere ai romani da sempre, come notò e raccontò, tra gli altri, nei suoi diari Stendhal, quando arrivò nell’Urbe nel 1810. 

Proprio la forzata convivenza tra il mare di rovine di un’epoca grandiosa e irripetibile, durata un intero millennio e il succedersi di una storia più recente edificata sui dogmi della cristianità e sull’altro potere bi millenario del papato ha creato a Roma molto più che in ogni altra parte del mondo, la fioritura di leggende, di curiosità, di tradizioni, misteri e segreti, codici, intrighi molto ramificati e complessi, affondanti le radici nei primordi fondativi della città e giungenti fino ai giorni nostri, al Novecento e agli anni Duemila, di fronte ai quali la vecchia Roma si presenta con il suo bagaglio carico e forse perfino ingombrante a fare i conti con le sfide della modernità. Eppure conoscere Roma, e conoscere i misteri e i segreti di Roma, ci appare come l’unico e più prezioso viatico possibile, per affrontare queste sfide con la sicurezza di poterle vincere.

Fabrizio Falconi, tratto da: Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton Editori, Roma, Roma rist.2017. 

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