30/07/17

L'introduzione da "Le rovine e l'ombra", in vendita in libreria.





Introduzione tratta da Le rovine e l'ombra, in tutte le librerie in questi giorni (edizioni Castelvecchi)


Ho letto un giorno tra centinaia di notizie trascurabili, che durante la ferocissima Guerra Civile in Siria è accaduto anche un piccolo miracolo: gli abitanti di Dārayyā, quartiere alla periferia di Damasco, ridotto in poltiglia dopo cinque anni di bombardamenti e l’assedio del regime, hanno salvato 15 mila libri dagli appartamenti e dalle scuole distrutte trasportandoli al sicuro in un grande scantinato sottoterra, trasformato in biblioteca. 

A questo sotterraneo è stato dato anche un nome – Fajr, ovvero ‘alba’ – e gli uomini che lo gestiscono – il loro capo si chiama Ahmad – lo tengono aperto, bombardamenti permettendo, dalle 11 del mattino alle 5 del pomeriggio. 

Così, ogni giorno, venti, venticinque persone si fermano a leggere al riparo dei barili-bomba, prendono un libro in prestito e lo portano al fronte, la prima linea dietro casa, la casa che non c’è più e che ora è soltanto un ammasso di rovine. Fuori dal romanticismo che una notizia del genere può inspirare, mi ha incuriosito l’istinto primitivo che sembra aver mosso questi uomini, pressati da ben altre urgenze. Se hanno sentito il bisogno di preservare qualcosa così gelosamente e di farne una sorta di simbolo di sopravvivenza o di rinascita significa che anche sotto (o dentro) le rovine è possibile trovare vita. 

Che anzi le rovine sono quel luogo dove la vita torna a scorrere. Le rovine infatti sono luoghi deputati a nascondere, a preservare ciò che non è stato completamente distrutto e può tornare a nascere. Le rovine – proprio per la loro attitudine al nascondimento – sono anche i luoghi dell’ombra. È facile, come hanno fatto i ribelli siriani, nascondere il loro sotterraneo-biblioteca sotto cumuli di rovine dove presumibilmente oggi nessuno ha più voglia di spingersi. 

Nel sottosuolo, nell’ombra, come anticamente accadeva nelle arcaiche catacombe romane, la vita – e lo spirito che essa alimenta – ha potuto preservarsi, conservarsi, rinnovarsi. Anche l’ombra, infatti, è propizia alla vita. Come accade in natura, nelle estensioni dei sottoboschi, nel folto delle foreste, nel fondo degli oceani. Mi sembra che rovine e ombra siano due connotati sempre più precisi della contemporaneità. Del futuro non so dire. Molto dipenderà, naturalmente, da come si sapranno affrontare e gestire ombra e rovine. La cosa certa è che nessuno più può fare finta di nulla e fingere che il mondo sia un luogo pulito, sicuro, senza rovine e senza ombra. Ombra e rovine sono, anzi, territori sempre più estesi, e qualsiasi rinascita, personale o collettiva, dipenderà per forza – come per i dannati di Dārayyā  dalla capacità che si avrà di attraversare le rovine, di attraversare l’ombra.


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