11/10/16

"Il rumore del tempo" di Julian Barnes (Recensione).



Il nuovo romanzo di Julian Barnes comincia a raccontare la vita del grande compositore russo Dmitrij Sostakovic nel momento in cui egli ha già riscosso successi in patria e in mezzo mondo quando il compagno Stalin in persona emette l'inappellabile condanna: la sua non è musica, è solo caos. 

Da quel momento la vita del «nemico del popolo» Sostakovic non è che una foglia al vento, e la sua anima assediata dalla paura, il campo di battaglia fra codardia ed eroismo

La causa del disastro è nella messa in scena, la mattina del 29 gennaio 1936 dell'ultima opera del Maestro, Lady Macbeth del distretto di Mcensk, alla quale ha assistito anche Stalin in persona. Evidentemente ispirata dal parere negativo del dittatore, la terza pagina della «Pravda» stronca l'opera titolando Caos anziché musica e accusando l'opera di accarezzare «il gusto morboso del pubblico borghese con una musica inquieta e nevrastenica».

Da qui la paura di Sostakovic, concreta, di non perdere solo onore e mestiere, ma perfino la vita. Da un momento all'altro si aspetta di essere esiliato, portato in Siberia, oppure ucciso.

Ma il Potere ha in riserbo per lui una cura molto più sottile: inizia infatti il primo di una serie di colloqui con alti funzionari che cercano di carpirne delazioni e abiure. Fino ad un parziale perdono grazie al quale, specie dopo la morte di Stalin la musica di Sostakovic può tornare a circolare liberamente e il suo nome riabilitato.

Il compositore lotta per decenni interi contro la propria vigliaccheria e il proprio coraggio, necessariamente tenuto a bada, costretto al silenzio per non far parte dei «facili» martiri contemporanei .

Dmitrij Dmitrievic Sostakovic sceglie l'ambiguità, sceglie di firmare petizioni e documenti e discorsi con la sua firma anche se nulla della sua anima condivide gli assunti del Potere, primo fra tutti quello che l'Arte appartenga al popolo. 

Barnes ricostruisce la vicenda umana di Sostakovic nel suo consueto stile: il vasto materiale biografico originale - tratto, come è specificato nella nota finale dai libri di Elizabeth Wilson (Shostakovich: A life remembered, 1994) e di Solomon Volkov (Testimony: The memoirs of Shostakovich, 1979) - rivive nella forma di un romanzo scritto per brevi capitoli come era già stato per Il Pappagallo di Flaubert, il capolavoro di Barnes. 

Qui, forse a causa del clima claustrale, penitenziale, claustrofobico, in cui è ambientato il romanzo, anche la narrazione è però più fonda e stanca, come se risentisse dell'essere nauseato e sfiancato del musicista nel corso della sua lunga vicenda di sottile e costante persecuzione da parte di un potere dittatoriale. 

Il romanzo insomma racconta ma non vibra. Non spicca mai il volo. Resta una muta testimonianza, nella quale anche il profilo di Sostakovic rimane tutto sommato in secondo piano, ingrigito dal contesto burocratico e miope, che riesce a ridurre anche l'opera musicale artistica a una vicenda prosaica.

Sostakovic, che odiava gli anni bisestili, muore poco prima dell'inizio di un nuovo anno bisestile, il 9 agosto 1975, portandosi dietro i suoi umani affanni, gli amori, le donne, gli equivoci i malintesi, le frustrazioni. Lasciando però, come era il suo sogno definitivo, l'opera a continuare il cammino, lei libera da ogni impaccio umano.

Fabrizio Falconi

Julian Barnes
Il rumore del tempo
Edizioni Einaudi
2016 Supercoralli 
pp. 200 € 18,50 
ISBN 9788806230876 
 Traduzione di Susanna Basso

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