07/05/13

«In hoc vinces» di Bruno Carboniero e Fabrizio Falconi. Fu vera visione? Un articolo di Ivo Flavio Abela.


La colossale testa bronzea di Costantino (Musei Vaticani).
La statua, forse del I sec., sarebbe stata poi riutilizzata

da Costantino e distrutta fra il VI e il VII secolo
Riporto qui un articolo di Ivo Flavio Abela, tratto dal suo Blog Odysseas:



Se ponessimo sui due piatti di una bilancia l'Occidente e l'Oriente a partire dal IV secolo d.C., il piatto contenente l'Oriente si abbasserebbe. Perché Flavio Valerio Costantino, imperatore romano dal 306 al 337, avrebbe segnato la storia dell'Impero orientalizzandolo. La sua scalata verso la vetta di un potere che  fallito l'esperimento tetrarchico dioclezianeo  l'avrebbe visto trionfare quale unico sovrano si combina infatti col trasferimento del centro amministrativo dell'Impero romano proprio in direzione asiatica. La creazione di Costantinopoli sulle rive del Bosforo avrebbe costituito nei secoli a venire l'unico elemento capace di fare sopravvivere l'Impero romano stesso, anche se esso si sarebbe gradualmente trasformato in una compagine statale dai forti connotati teocentrici e bizantini.

La creazione della nuova capitale avrebbe spostato verso Est anche il baricentro economico dell'Impero, favorendo lo sviluppo urbano in particolare della penisola anatolica e della provincia galatica in essa contenuta. Se Diocleziano aveva inferto un colpo non indifferente all'Occidente finendo per disinteressarsene (e il suo ritiro nel Palazzo di Spalato, dove si sarebbe dato all'ozio e all'agricoltura, ne è la prova più significativa), Costantino sembra abbandonarlo al suo destino, preparando inconsapevolmente l'apertura delle porte ai barbari che di lì ad alcuni decenni avrebbero finito per colpire la Pars Occidentis direttamente al cuore.



Icona con Elena e Costantino
santi della Chiesa Ortodossa
Costantino, figlio naturale di Costanzo Cloro e dellastabularia Elena, era personalità controversa. Spregiudicatamente sanguinario nei confronti dei membri della sua stessa famiglia, fautore – ce lo ricorda Santo Mazzarino  di una società fortemente piramidale imperniata sul valore effettivo della moneta aurea, intendeva imporsi ai sudditi come επίσκοπος τῶν εκτός (epískopos tòn ektós), letteralmente «vescovo di quelli di fuori»: i laici (stando ancora al Mazzarino), cioè quanti risiedevano fuori dal raggio dell'autorità propriamente ecclesiastica dei vescovi. Senonché la scelta della parola epískopos è fortemente indicativa: se ciascun veroepískopos esercitava la propria autorità religiosa sulle anime di quanti vivevano nel proprio ambito di competenza, Costantino esercitava un'autorità laica su tutti perché così – sublime contraddizione  Dio stesso aveva voluto, manifestandoglisi la notte del 27 ottobre del 312, cioè alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio. Costantino ne sarebbe stato il vincitore sconfiggendo Massenzio. Quest'ultimo sarebbe morto nelle acque del Tevere, come ricorda Lattanzio nel «De mortibus persecutorum», trattato che s'inscrive nella tradizione apologetica di una Letteratura cristiana in lingua latina che muove i primi passi (e che solo più tardi giungerà alla definitiva maturità conferitale dall'ipponense Agostino attraverso la codificazione teologica del pensiero cristiano).

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