30/05/13

Il meraviglioso "Pugile di Lisippo" Ambasciatore della cultura italiana a New York.





Si tratta di uno dei molti tesori dell'arte italiana, uno dei più eccellenti: protetto da una cassa climatizzata realizzata appositamente, è partito martedì scorso da Francoforte il cosiddetto Pugile delle Terme (o Pugile a riposo o Pugile di Lisippo), capolavoro sommo dell'antichità, ed è sbarcato ieri a New York, al Metropolitan Museum.

Da lunedì prossimo, 3 giugno,  il bronzo mostrerà la sua bellezza nel cuore della galleria d'arte romana al piano terra del Museo sulla Fifth Avenue.

La scultura, rarissimo bronzo originale greco (datato IV secolo a.C.) è stato scelto per celebrare l'anno della cultura italiana negli Stati Uniti, promosso dal Ministero degli Esteri e da quello dei Beni Culturali.

"E' uno degli eventi più prestigiosi dell'intero programma" ha commentato Rita Paris, direttrice di Palazzo Massimo, dove l'opera è conservata e dove tornerà ad essere visibile dal prossimo 20 luglio.






La statua bronzea del Pugile in riposo è alta 128 cm, datata alla seconda metà del IV secolo a.C. e fu  rinvenuta a Roma alle pendici del Quirinale nel 1885.

La statua è basata sul contrasto fra la quiete e il contenimento geometrico espressi dalle braccia appoggiate sulle gambe, e l'improvviso scatto della testa che si volta verso destra aprendo all'estetica lisippea del kairos, cioè dell'attimo colto nel tempo. Gli inserti in rame, sulla spalla destra, sull'avambraccio, sui guanti e sulla coscia (e sul volto), rappresentano gocce di sangue colate dalle ferite nell'atto del volgersi della testa.
La modernità della figura può essere apprezzata con il paragone con la celebre foto di Cassius Clay / Mohammed Alì qui sotto. 






Fabrizio Falconi

26/05/13

50 anni da 'Blowin' In the Wind' di Bob Dylan. Anche un libro la celebra.





Il 27 maggio 1963 usciva negli Stati Uniti The Freewheelin Bob Dylan, secondo Lp di un ragazzo che si avviava a diventare il più' famoso cantautore della sua epoca. Dylan aveva compiuto 22 anni tre giorni prima. 

Il disco si apriva con una canzone destinata a diventare ancora piu' famosa del suo autore, Blowin' In The Wind. 

Al menestrello diDuluth e al mezzo secolo di questa canzone - che divenne simbolo del movimento per i diritti civili dopo che Dylan la esegui' davanti a Martin Luther King durante un'epocale manifestazione di protesta a Washington - e' dedicato 'Quante Strade', inuscita per Arcana. Come sottolinea l'autore del libro, Alberto Crespi - critico dell'Unita' e uno degli autori-conduttori di Hollywood Party, programma quotidiano sul cinema di Radio3 - Blowin' In The Wind in realta' "non era una vera canzone di protesta: era una poesia lirica dai toni biblici, che poneva domande sul destino dell'uomo e sulle vie che deve percorrere nel suo passaggio su questa terra. 

Ma - sottolinea Crespi - proprio perche' le domande erano al tempo stesso cosi' generiche e cosi' epocali, il pezzo divenne subito l'inno del movimento, al pari di classici come We Shall Overcome". 'Quante strade' analizza il significato e l'eredita' di Blowin' In The Wind per raccontare i 50 anni di storia che ha attraversato. 

Un percorso nell'America degli anni '60 anche attraverso interviste inedite a Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Furio Colombo, Mariano De Simone, Walter Veltroni, Ernesto Bassignano e Alessandro Portelli. 

Ma si torna anche all'Ottocento americano, da dove la canzone proviene, perche' come scrive Crespi, la melodia e' la stessa di No More Auction Block, una ballata popolare sullo schiavismo che risale ai tempi della Guerra di Secessione, e che Dylan (72 primavere festeggiate il 24 maggio) ben conosceva. 

Quella di Blowin' In the Wind, una canzone semplicissima composta di tre strofe, e' stata una vera avventura: Dylan l'ha eseguita centinaia di volte e le versioni di altri artisti si sono moltiplicate, da Stevie Wonder a Neil Young, da Marlene Dietrich a Duke Ellington, rendendola una delle canzoni piu' 'reinterpretate' nella storia della musica pop. 

Ma nello stesso tempo, la fama di questa canzone si e' intrecciata varie volte alla storia del ventesimo e ventunesimo secolo. Cantata al Live Aid, durante la Guerra del Golfo, comparsa in decine di film, ha fatto innamorare Steve Jobs, ha fatto litigare due Papi. E ha spinto per ben due volte Barack Obama alla Casa Bianca.

24/05/13

Cieli come questo - di Fabrizio Falconi (2002).




L’incontro durò fino all’ora di pranzo.
Terminato il tempo per le domande, Rajakrishna si alzò in piedi, fece il solito inchino e si allontanò dalla sala.
Più tardi i suoi collaboratori riferirono che dopo aver pranzato con riso e matè si era inoltrato a piedi, per il sentiero che partiva dal lato nord del borgo e si inerpicava sulle colline circostanti.
Isabella insieme ai ragazzi consumò uno spuntino all’unico bar dei paraggi, poi cercò di riposarsi sui sedili di pietra della grande vasca all’aperto, sotto la pergola. Arrotolati i risvolti dei pantaloni, immerse le gambe nell’acqua calda. Il vento era calato e il  sole era ancora alto e caldo. 
Valdemar si era addormentato su una delle panchine.
Isabella muoveva avanti e indietro i piedi nell’acqua.
Lorenzo si sedette vicino a lei.
“ Credo di essermi innamorato di te, “ disse .
Isabella non spostò lo sguardo dall’acqua. Rimase a lungo in silenzio, come se lui non avesse parlato. Sussurrò:  “ Non voglio nemmeno sentirlo. “
Lorenzo gettò un sasso nell’acqua.
“ Non servirà non parlarne. “
“ Forse non servirà, ma è quello che voglio. Non voglio parlarne. “
Nuvole rade correvano sul sole.
“ Curiosa quella scena, te la ricordi ? “ Lorenzo sembrava pensare ad altro, ora. .
“ Quale scena ? “
“ Quella scena di Nostalghia, il film di Tarkovskij.  La girò qui, in questa vasca. L’hai visto ? “
“ Sì. Però non mi ricordo bene. Sono vecchi film. Mi chiedo anzi come fai a conoscerli .“
Lui non rispose. Proseguì:
“ Nessuno ha capito bene cosa significa quella scena del matto che attraversa a piedi la vasca prosciugata con la candela in mano, e ogni volta che la candela si spegne, deve tornare indietro. Succede per tre volte ed è un piano sequenza lunghissimo.  “
“ Sì adesso mi ricordo. Secondo me era una specie di voto. “
“ Un voto ? “
“ Sì, un voto che si realizza solo se la candela rimane accesa fino alla fine della vasca. “
“ E di quale voto poteva trattarsi ? “
“ Non lo so. Forse lo stesso che chiederei io, ora, “ rispose lei.
“ E cioè ? “
“ Che il tempo per una volta si fermi. Qui. Che banale. Chissà quante volte anche tu l’hai pensato. Lo pensano tutti: quando uno trova un punto nuovo che non conosceva, dentro se stesso, vuole fermarsi. Ma nessuno può esaudire questo voto, e d’altronde è così che va il  mondo. “


21/05/13

40 anni fa il restauro 'miracoloso' della Pietà di Michelangelo.






Un restauro esemplare, ancora oggi in ottime condizioni, quello che 40 anni fa restitui' all'originario splendore il gruppo marmoreo della Pieta' di Michelangelo dopo le 12 martellate inferte il 21 maggio 1972 dal geologo australiano di origini ungheresi Laszlo Toth sul volto e sul busto della Vergine.

A consentire (in soli sei mesi) il recupero almeno formale del capolavoro giovanile del Buonarroti contribui' senza dubbio l'esistenza di un calco in gesso, fatto auspicabile per tutte le opere d'arte a rischio di gesti vandalici e che al giorno d'oggi puo' essere sostituito dalla messa a punto di piu' economici modelli virtuali in 3D. 

A discuterne, un convegno dal titolo 'La Pieta' di San Pietro, in memoria del 21 maggio 1972. Storia di un restauro', che nell'anniversario della vicenda che sconvolse il mondo intero ha riunito ai Musei Vaticani gli esperti che a suo tempo si occuparono del caso e le nuove generazioni di studiosi per proporre ulteriori strategie per mirati interventi di recupero. 

Prima di tutto, pero', l'incontro presieduto dal direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci ha voluto indagare ancora una volta la magia sprigionata da quel marmo che sotto lo scalpello di Michelangelo si e' fatto carne. 

"Miracolo di suprema bravura", tanto da volerla firmare, la Pieta' del Buonarroti, ha detto Paolucci, vede nella sua straordinaria "finitezza formale il carattere distintivo dell'opera, la ragione del suo fascino". 

Proprio questa caratteristica ha imposto, dopo la devastazione inflitta dalle martellate di Toth (spezzato il braccio di Maria, la mano, le dita, parte del velo, l'occhio sinistro, il naso), di contravvenire a principi consacrati del restauro e optare per un intervento integrale invece che critico.

"Lo stesso Cesare Brandi la pensava cosi' - ha proseguito Paolucci - in qualsiasi altra scultura la visibilità della lesione, ancorché dolorosa, sarebbe stata tollerabile", ma il capolavoro firmato nel 1499 da un Michelangelo appena ventiquattrenne era da secoli una "figura base della devozione popolare". 

Grazie a una copia in gesso dell'opera realizzata nel 1930 e conservata nella Sagrestia della basilica, i restauratori dei Musei Vaticani e della Fabbrica di San Pietro poterono puntare "alla restituzione perfettamente mimetica dell'immagine violata". 

Sei mesi di lavori, raccontati nel documentario del regista Brando Giordani (co-produzione dei servizi culturali Rai e della Ds Cinematografica, oggi in versione Hd) riproposto in apertura del convegno, in cui vennero recuperati i circa 50 frammenti, realizzato un mastice trasparente, ripulito il marmo, colmate tutte le lacune con precisione millimetrica. 

"Attualmente il restauro sta bene, e' duraturo - dice Nazareno Gabrielli dei Musei Vaticani - nella forma ora tutto cio' che vediamo e' Michelangelo. Quel calco fu provvidenziale". "Oggi non avremmo potuto fare di meglio", conclude Ulderico Santamaria, nuova generazione di restauratori che ipotizza una 'Gipsoteca virtuale', dove la tecnologia tridimensionale sostituisca il calco in gesso.

fonte ANSA - Nicoletta Castagni.

20/05/13

'Monumenti Esoterici d'Italia' - Recensione di Fabio Isman da 'Il Messaggero'.





Fabio Isman, Il Messaggero, 19/5/2013 (ripreso da Messaggero.it) 

L’Italia dei misteri e delle leggende; grotte di profeti o castelli, e palazzi, che non portano fortuna; indecifrabili altari oppure incredibili ossessioni di quanti edificano un monumento: dietro ad ogni pietra antica, o quasi, in Italia ci sono racconti ed avventure, che talora hanno addirittura dell’esoterico, se non del miracoloso. Si può iniziare dal Castello di Miramare a Trieste, «bel nido d’amore costruito invano» (rimava Carducci) da Massimiliano d’Austria nella seconda metà dell’Ottocento; ma l’arciduca andrà a morire a Queretaro, nel Messico, e la moglie Carlotta non potrà fare nulla, nelle peregrinazioni tra Vienna e la Roma del Papa, per salvarlo. Finirà pazza. Né avrà destino migliore Amedeo d’Aosta che lo abiterà poi, e altri ancora. Il neozelandese barone Bernard Cyril Freyberg neozelandese, capo del fonte di Montecassino durante il terribile bombardamento, comanda nel 1945 le truppe alleate a Trieste. Ma vive in una tenda da campo, nel parco lussureggiante: dormire lì dentro era sfidare la malasorte.

DISGRAZIE SUL CANALE
Come un alone terribile circonda Ca’ Dario a Venezia: l’unica dimora sul Canale con il nome di chi l’ha costruita orgogliosamente sulla facciata: l’ultima vittima ne è stato Raul Gardini, nel 1993; ma la prima, lo stesso fondatore della «vecchia cortigiana piegata sotto il peso dei suoi monili» (D’Annunzio); assurda la serie delle sue infinite disgrazie: tuttavia, ve la risparmiamo.

I GRADONI
Ma non c’è solo la sfortuna: ci mancherebbe. Vicino a Sassari, nessuno ha mai saputo spiegare l’altare preistorico di Monte d’Accoddi (anche se il monte è una semplice collinetta). Risale al IV millennio a.C., pare una ziqqurat mesopotamica: grande scalinata da sempre ritenuta il primo esempio di un tempio. Ma qualcosa di vagamente simile al caso sardo, non c’è nel continente: chi mai l’ha costruito, e perché? A cosa serviva e come era strutturato? Tanti misteri che a qualcuno (Peter Kolosimo) ha suggerito perfino una civiltà aliena. Su Monte d’Accoddi, scavato nel 1954 da Ercole Contu, sono ormai 60 anni che si strologa. Però, invano: resta un mistero. Ma c’è anche chi è andato a caccia di fantasmi, o fenomeni paranormali nella Rocca di Narni, una tra quelle che il cardinale Gil (Egidio) Alvarez Carrillo de Albornoz costruisce a metà del Trecento nel centro Italia, lo Stato della Chiesa, anche per favorire il ritorno da Avignone dei papi. L’incarico gliel’aveva dato Innocenzo VI Aubert: così nascono pure le «gemelle» a Spoleto, Assisi, Perugia, Todi, Gualdo Tadino, Piediluco, Orvieto, Cortona, Cesena, Città della Pieve e Viterbo. In pochi anni, i Papi conquistano l’intera Italia centrale. Forse, Narni si deve a Matteo Gattaponi, geniale ideatore della Rocca di Spoleto; è sopra l’antichissima fonte Feronia, ed è l’ultima delle sue: nel 1367 s’inizia a costruire, e il porporato muore. Ne nasce poi una leggenda che la lega alla Saga di Narnia, ad ali e gambe misteriosamente apparse in antiche foto. Di tutto questo, e assai altro ancora, si occupa un libro, in vendita dal 22 maggio, I monumenti esoterici d’Italia di Fabrizio Falconi (Newton Compton, 416 pag., 9,90 euro): ne racconta e ne esamina trenta, in una cavalcata tra storia e storie, più o meno da dimostrare. La Porta magica che è a Roma, come la Piramide Cestia, il Pantheon e la piazza dei Cavalieri di Malta; gli obelischi egizi della Capitale; la Cappella Sansevero, a Napoli; il pentagono federiciano di Castel del Monte; i mostri di Bomarzo, e via elencando. 

18/05/13

La poesia della domenica - 'Fra gli agapanti' di George Seferis






L'incrinato crepuscolo si attenuò, si perse:
era illusione chiedere i favori celesti
chinavi gli occhi. Il pruno della luna si aperse
calarono le ombre dal monte: le temesti.

Come s'affievolisce nello specchio l'amore
nel sogno i sogni, scuola d'un oblioso nulla ?
Negli abissi del tempo come si stringe il cuore
smarrito nell'amplesso estraneo che lo culla.



George Seferis, da Fra gli Agapanti, in  Poesie, Lo specchio, Mondadori, 1963, traduzione di Filippo Maria Pontani.


14/05/13

Cambiare rimanendo fedeli a se stessi.





Nella vita siamo sempre mossi da un doppio istinto: quello di muoverci, di cambiare, di sperimentare, di attraversare la vita; e quello di conservare, di allontanarci, di perderci . 

Non facciamo altro, in definitiva, nelle nostre esistenze, che oscillare tra questi due sentimenti opposti.

Il cambiamento ci attira ma è anche ciò che più ci spaventa. 

Qualcosa dentro di noi ci dice che senza cambiamento la vita non è nemmeno degna di essere vissuta, ma qualcos'altro dentro di noi resiste e ci invita a non farci trascinare passivamente dalla forza del cambiamento.

Se appena ci pensiamo, ci rendiamo conto che il cambiamento è inevitabile: come scrive Krishnamurti, anzi l'unica cosa che si ripete costante nella vita è il cambiamento. 

Sappiamo però anche che c'è qualcosa - un pre-dato - che siamo noi e che non vuole perdere mai del tutto la propria natura. E' ciò che è stato chiamato in diversi modi nella storia umana, e che per migliore approssimazione è stato definito anima. Il nucleo, il centro originario di noi stessi. 

In psicologia, anzi, lo ha teorizzato C.G.Jung, ci si realizza pienamente soltanto non allontanandosi mai del tutto dal centro di se stessi.  Rimanendovi in qualche modo fedele. La pienezza vera esiste soltanto nel , dice Jung.  L'esperienza ci insegna, vivendo, che nessuna pienezza ci può derivare dai beni materiali, e nemmeno dalle relazioni in quanto tali, se il nostro non è pienamente coinvolto. 

Come vivere dunque, tra queste due opposte spinte ?

E' un difficile equilibrio.  Ma è il senso stesso dell'esistenza. 

Il cambiamento non può essere rifiutato.  Chi rifiuta il cambiamento, in definitiva non vive. 

E non ottiene nemmeno risultati, perché come scrive Neale Donald Walsh, quello che tu resisti in realtà persiste quello che invece tu accetti scompare.

Se tu opponi cioè una resistenza al cambiamento, quella realtà resisterà e anche la tua opposizione persisterà, paralizzandoti.  Ciò invece che mette paura e spaventa, se accettato - ovvero vissuto pienamente - scompare, non è più un pericolo. 

Ma ogni cambiamento - per essere vero cambiamento - deve essere fedele alla tua natura interiore.  Per avere coscienza di questa fedeltà, bisogna prima di tutto conoscersi. Sapere chi si è veramente. E' l'operazione che si deve fare costantemente nella vita. Ascoltarsi, conoscersi, attraversare le proprie zone d'ombra e le paure, conoscere cosa hanno da dirci, e solo così accettare il cambiamento che la vita ogni giorno ci chiede, per essere degni di vivere.

Fabrizio Falconi

11/05/13

Il sacello della Papessa Giovanna in Via dei Cerqueti - di Fabrizio Falconi



Il sacello della Papessa Giovanna

La leggenda intorno ad un Papa donna, che riuscì ad ingannare tutti i suoi contemporanei, e a insediarsi anche brevemente sul trono di Pietro, è una leggenda che i romani conoscono bene, che prese corpo durante il medioevo, e la cui popolarità continuò ininterrotta nel corso dei secoli.

Ma pochi sanno che nel Rione Monti esiste una testimonianza ancora ben visibile di questa storia straordinaria, che pur essendo nata nel Medioevo, si riferisce però a fatti (presunti o veri) avvenuti intorno all'850 d.C. La memoria storica di questo episodio infatti non solo esiste ancora, nelle forme di una vecchia edicola fatiscente in Via dei Cerqueti, a pochi metri dalla Basilica di San Clemente (che qui vedete fotografata) di fronte alla quale migliaia di romani passano di fronte tutti i giorni senza conoscere lo stranissimo segreto che custodisce.

Ricapitoliamo brevemente la vicenda, come venne tramandata : nel IX secolo d.C. proveniente dalla città tedesca di Magonza (l'antica Moguntiacum, e l'oderna Mainz, in Renania) arrivò a Roma una graziosa giovinetta la quale, però, vestendo sempre abiti maschili fu da tutti ritenuta un uomo. Entrata nella carriera ecclesiastica, data la sua eccezionale cultura ed i suoi irreprensibili costumi, ben voluta da tutti, salì rapidamente tutti i gradi, fino al punto che morto il Papa Leone IV (855), all'unanimità venne eletta al soglio di Pietro. Dopo circa due anni e mezzo di esemplare pontificato (tutti ovviamente continuavano a crederla un uomo), avvenne l'irreparabile: la sacra truffa fu da tutti smascherata, nel modo più scandaloso ed evidente possibile.

Accadde infatti - racconta quella leggenda - che un giorno, dopo circa due anni e mezzo di pontificato, nel corso di uno dei tradizionali cortei in viaggio che si snodavano dal Vaticano (luogo dell'incoronazione) al Laterano (luogo della nomina, e luogo della residenza dei papi, in quel periodo), superato il Colosseo, e imboccata secondo consuetudine la via dei SS. Quattro, mentre cavalcava in quella angusta curva di Via dei Querceti (tutte e due ancora esistenti), il Papa donna cadde rovinosamente da cavallo e tra la stupefatta meraviglia di tutti dette alla luce un bambino ! Esistono numerose riproduzioni grafiche di questo leggendario episodio.

Le versioni, a questo punto (tutte storiche, e tutte più o meno risalenti a due secoli, tra il 1100 e il 1300) differiscono: secondo alcuni la Papessa morì proprio in questo luogo. Secondo altri fu relegata a espiare i suoi imbrogli in un convento (il figlio, narrano alcuni, continuò a vivere fino a diventare vescovo).
Comunque tutti furono d'accordo poi nel dire che il luogo dove essa era caduta era proprio quel tratto preciso di Via dei Querceti, che non a caso, fu ribattezzato vicus Papisse. Ma che valore e che validità ha questo racconto ? Quali sono le sue basi storiche ?

Assai scarse a dir la verità: la leggenda dice infatti che la Papessa (il cui 'vero' nome sarebbe stato Giovanni o meglio, Giovanna Anglico), succedette a Leone IV. E che il suo 'pontificato' durò circa due anni e mezzo.
Noi sappiamo invece con assoluta certezza che dopo Leone IV (centoduesimo Papa dopo S.Pietro, morto il 17 luglio dell'855), venne eletto, nello stesso anno, Benedetto III che fu papa per tre anni fino all'858.

Questa leggenda, dunque - oggi lo sappiamo - non ha alcun fondamento storico. Ma si sa che in epoca medievale era piuttosto arduo affidarsi a testi cronologicamente sicuri. E la leggenda ebbe una così grande diffusione che fu ripresa anche da Petrarca e da Boccaccio (non però nel Decameron, ma nel De mulieribus Claris, cioè dopo il fatidico incontro del 1362 in cui il monaco inviatogli dal certosino Pietro Petroni gli predisse morte imminente e dannazione eterna se non avesse rigettato i suoi scritti, e cambiato subito vita).

foto e testo di Fabrizio Falconi  ©

07/05/13

«In hoc vinces» di Bruno Carboniero e Fabrizio Falconi. Fu vera visione? Un articolo di Ivo Flavio Abela.


La colossale testa bronzea di Costantino (Musei Vaticani).
La statua, forse del I sec., sarebbe stata poi riutilizzata

da Costantino e distrutta fra il VI e il VII secolo
Riporto qui un articolo di Ivo Flavio Abela, tratto dal suo Blog Odysseas:



Se ponessimo sui due piatti di una bilancia l'Occidente e l'Oriente a partire dal IV secolo d.C., il piatto contenente l'Oriente si abbasserebbe. Perché Flavio Valerio Costantino, imperatore romano dal 306 al 337, avrebbe segnato la storia dell'Impero orientalizzandolo. La sua scalata verso la vetta di un potere che  fallito l'esperimento tetrarchico dioclezianeo  l'avrebbe visto trionfare quale unico sovrano si combina infatti col trasferimento del centro amministrativo dell'Impero romano proprio in direzione asiatica. La creazione di Costantinopoli sulle rive del Bosforo avrebbe costituito nei secoli a venire l'unico elemento capace di fare sopravvivere l'Impero romano stesso, anche se esso si sarebbe gradualmente trasformato in una compagine statale dai forti connotati teocentrici e bizantini.

La creazione della nuova capitale avrebbe spostato verso Est anche il baricentro economico dell'Impero, favorendo lo sviluppo urbano in particolare della penisola anatolica e della provincia galatica in essa contenuta. Se Diocleziano aveva inferto un colpo non indifferente all'Occidente finendo per disinteressarsene (e il suo ritiro nel Palazzo di Spalato, dove si sarebbe dato all'ozio e all'agricoltura, ne è la prova più significativa), Costantino sembra abbandonarlo al suo destino, preparando inconsapevolmente l'apertura delle porte ai barbari che di lì ad alcuni decenni avrebbero finito per colpire la Pars Occidentis direttamente al cuore.


05/05/13

La poesia della domenica - 'Anarchia cordis' di Fabrizio Falconi.






Anarchia cordis


Non c'è frutto più dignitoso

di questo temprato disappunto
della tua assenza.  'E' vero',
dice il ricordo, eravamo seduti
sotto il grande tamarindo, in un altro
tempo elastico, fatto di niente
fibre scollate dal vento
e c'era un'impronta lasciata
dal mare su un muro della casa
rossa abbandonata

dal cuore, il cuore respinge
gli ordini, disobbedisce, scuote
le regole, è irriguardoso e
sordo ad ogni ragionevolezza;

lo cercano le truppe militari
del governo centrale
della repubblica monarchica
del pensiero

non sono disposte a lasciarlo
fuggire e vogliono
il suo bene
o la sua perdizione;

ma l'impronta è sempre lì
sul muro della casa rossa
abbandonata, e lui non c'è
non c'è più e lo stanno ancora
                                cercando.




Fabrizio Falconi © - maggio 2013

in testa, opera di William Morris

03/05/13

Nasce a Gerusalemme il Terra Sancta Museum .






Nel 2015, nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme, nascerà il TERRA SANCTA MUSEUM, l’unico museo al mondo sulle radici del Cristianesimo e la conservazione dei Luoghi Santi. 

Un’esposizione permanente, voluta dalla Custodia di Terra Santa, per scoprire la storia di questa terra straordinaria in cui da millenni s’intrecciano, in modo misterioso, i destini di molti popoli che convivono nei luoghi sacri delle tre grandi religioni monoteiste. 

In questo particolare e delicato momento storico è di fondamentale importanza far conoscere al mondo intero la storia della presenza cristiana in Terra Santa, per favorire una maggiore consapevolezza delle nostre radici, contribuire all’unità della “famiglia umana” e diffondere un messaggio di pace nel mondo. 

Con l’apertura al pubblico di un moderno complesso museale, i francescani della Custodia di Terra Santa intendono valorizzare il patrimonio artistico, archeologico, culturale, conservato durante gli otto secoli trascorsi in queste terre, per custodire i luoghi dove Gesù ha vissuto. 

Agli innumerevoli pellegrini e visitatori, provenienti dal mondo intero, sarà proposto un percorso culturale flessibile, metodologicamente rigoroso e suddiviso in tre distinti momenti, distribuito nella Città Vecchia di Gerusalemme e, in futuro, esteso ad altre sedi della Terra Santa. Un unico complesso espositivo, composto da tre musei (Archeologico, Multimediale e Storico) distribuiti in due sedi esistenti (Convento della Flagellazione e Convento di San Salvatore) poco distanti, ubicate vicino alle principali mete di pellegrinaggio e turistiche di Gerusalemme (il Santo Sepolcro, il Muro del Pianto, la Spianata delle Moschee). 

Ente Fondatore è la Custodia di Terra Santa, fraternità di religiosi (Frati Minori) che custodisce i luoghi della Redenzione, in concerto con lo Studium Biblicum Franciscanum, Istituzione scientifica per la ricerca e l’insegnamento accademico della Sacra Scrittura e dell’archeologia dei paesi biblici, con sede sempre a Gerusalemme. 

Il Comitato scientifico è guidato da Eugenio Alliata, Direttore del Museo Archeologico dello Studium Biblicum Franciscanum. Capo Progetto e Promotore: ATS Pro Terra Sancta. Direzione museologica: Gabriele Allevi. Progettazione architettonica e museografica: Studio GTRF Tortelli e Frassoni Architetti Associati. 

L’evoluzione dei lavori potrà essere seguita sul sito www.terrasanctamuseum.org

01/05/13

I 70 anni di Enzo Bianchi - Un libro per celebrarlo .




Dal cardinale Angelo Sodano a Elsa Fornero, da Roberto Bolle a Eugenio Scalfari, da Gustavo Zagrebelsky a Giuseppe De Rita. 

Sono decine i rappresentanti del mondo della cultura e non solo che hanno voluto rendere omaggio a Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunita' monastica diBose, che il 3 marzo scorso ha festeggiato 70 anni. 

Uomini di chiesa, teologi, scrittori e giornalisti, politici e filosofi, artisti, giuristi: ognuno di loro ha dato un contributo per "La sapienza del cuore. Omaggio a Enzo Bianchi"(Einaudi, pp. 760, euro 28,00). 

Una raccolta di testimonianze e tributi di quanti, nel corso degli anni, hanno intrattenuto con lui conversazioni e discussioni. Come in uno scaffale di un'ideale biblioteca, gli amici di una vita cosi' come quelli piu' recenti si confrontano nel corposo volume con il priore di Bose in un dialogo ininterrotto utilizzando ciascuno il mezzo letterario piu' consono a esprimere i propri sentimenti e il legame con Bianchi. 

Ecco allora comparire tra lettere e messaggi, anche un'opera musicale ("Laudate..." creata dal maestro lituano Arvo Part) e il bozzetto di un ritratto del priore (del pittore Paolo Galetto). 

Filo rosso della raccolta sono le parole chiave della riflessione di Bianchi: dalla preghiera alla vita monastica, alla differenza cristiana, al pane di ieri, al vivere la morte. Riflessioni personali, diventati un patrimonio di molti. L'omaggio letterario si tramuterà in un incontro, domani, giovedì 2 maggio alle 18, al Teatro Regio di Torino, con Massimo Cacciari e padre Federico Lombardi a presentare il volume. 

La giornata sara' anche l'occasione per l'esecuzione da parte della Cappella musicale della Cattedrale di Lodi dell'opera di Arvo Part. 

 Previsto anche un intervento dello stesso Bianchi, autore non solo di profondi saggi biblici, ma anche di testi piu' biografici e discorsivi che hanno conosciuto un vasto successo di pubblico e che terra' la lectio 'La mia vita'. 

Il priore di Bose e' da tempo considerato un punto di riferimento non solo per i credenti. La sua attività e le sue riflessioni spaziano dal mondo ecclesiale a quello ecumenico, monastico, sociale, culturale e artistico. 

 A rendergli omaggio a Torino non mancheranno alcuni amici, rappresentanti della cristianità nel mondo, tra i quali il cardinale Ravasi.

Fonte: Claudia Fascia per ANSA