05/07/12

Julian Barnes: "Il senso di una fine" - Recensione.





Ho letto il miglior romanzo degli ultimi cinque anni. 

E' Il senso di una fine di Julian Barnes, vincitore del Man Booker Prize 2012, appena pubblicato in Italia da Einaudi.

Non capita spesso di scoprire un così raro gioiello di sintesi e perfezione non solo formale. Il senso di una fine è uno di quei romanzi che provoca nel lettore una sorta di spiacevole languore mentre lo si sfoglia: dispiace veder passare le pagine, sapere che ci si sta avvicinando alla fine.

La fine è poi la vera protagonista di questo libro.  La fine nel senso di morte e di distacco. La fine di ogni esistenza che costringe inevitabilmente a fare ordine negli accadimenti della nostra vita a trovare un posto alle cose più ingombranti e anche a quelle apparentemente meno importanti. Ciascun frammento contribuisce a chiederci e a restituirci - se soltanto sappiamo interrogarci nel modo giusto e a comprendere (altro tema fondamentale del libro) - il senso dell'essere qui. 

Barnes costruisce una storia molto semplice.  E il romanzo è quasi brutalmente spezzato in due. 

E' nella seconda parte che Tony Webster , un uomo musilianamente senza qualità,  deve affrontare l'incombenza di una lettera con cui un avvocato gli annuncia il lascito di cinquecento sterline e di un diario proveniente dal passato. 

Tony scoprire perché è stato scelto proprio lui, e quale segreto rabbiosamente custodito quel diario potrebbe rivelare. 

La chiave per la risoluzione del mistero è nella prima parte del libro, nella giovinezza di Tony, nella sua educazione sentimentale e sessuale - nel pieno della liberazione degli anni '60 (che c'era però "non per tutti e non dappertutto" come non si stanca di sottolineare il protagonista), nelle vicende che lo hanno accostato al  geniale amico dei tempi del liceo, Adrian Finn: come ha potuto la ragazza di allora, Veronica Ford, preferirgli l'amico raffinato e brillante, Adrian? Ci sono solo Camus e Wittgenstein dietro l'estrema decisione di Adrian? Da che cosa ha voluto metterlo in guardia tanti anni prima la madre della ragazza? Perché a distanza di quarant'anni Veronica ritorna nella sua vita con un bagaglio di silenzi e il rifiuto di dargli ciò che è suo? 

Gli indizi conducono, dopo lunghe e ostinate reticenze a un prodigioso colpo di scena finale - sviluppato in appena mezza pagina - che lascia il lettore senza fiato, e con la necessità immediata di ri-leggere, alla luce di quanto ha scoperto insieme al protagonista, la storia precedente, reinterpretandone il senso. 

Il senso della fine è un romanzo che de-scrive il tempo, l'impossibilità di definirlo - nella nostra esistenza - come qualcosa di concluso, l'obbligo di considerarlo come puro elemento dinamico che continuamente ci allontana e ci avvicina a quella che noi abbiamo bisogno di considerare come verità

Barnes è riuscito nella impresa di costruire in sole 140 pagine una storia che svuota ogni pretesa di riconoscimento e di identità su cui si basa ogni fittizia costruzione della personalità umana.  Il dilemma interiore di Tony (ci) insegna che la consapevolezza di ciascuno cresce soltanto nell'attraversamento delle proprie zone oscure dimenticate o rimosse e nella attenzione - vera e concreta - alla vita degli altri nei quali, attraverso i quali - unicamente - passa la nostra identità. 

Fabrizio Falconi -2012






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