25/07/12

J.M. Coetzee e il disegno intelligente.




Mi ha colpito leggere, nel penultimo romanzo scritto da J.M. Coetzee (un romanzo veramente sui generis, strutturato su di un doppio versante tra saggio e fiction), Diario di un anno difficile (pubblicato da Einaudi in Italia, nel 2006), un capitolo intitolato Del disegno intelligente, sorprendente per chiarezza, da parte di uno scrittore che di certo non si sente vicino ad alcun credo religioso. 

Coetzee commenta la sentenza di un tribunale statunitense, il quale ha decretato che nelle scuole pubbliche di una certa cittadina della Pennsylvania, durante le ore di scienze, è vietato insegnare la storia dell'universo come prodotto del disegno intelligente come alternativa al darwinismo. 

Ecco cosa scrive Coetzee:

Non desidero associarmi a chi sottoscrive il movimento del Disegno Intelligente. E nondimeno continuo a trovare la teoria dell'evoluzione basata sulla mutazione casuale e sulla selezione naturale non solo poco convincente ma anche insensata come spiegazione della comparsa degli organismi complessi. Fintanto che nessuno di noi non avrà la minima idea di costruire una mosca domestica dal nulla, come possiamo scartare in quanto intellettualmente ingenua la conclusione che la mosca sia stata creata da una intelligenza di ordine superiore alla nostra?

Se qualcuno è ingenuo, in questa storia, è chi eleva le regole operative della scienza occidentale ad assiomi epistemologici, sostenendo che ciò che non può essere scientificamente dimostrato vero (o valido per usare la parola più cauta preferita dalla scienza), non può essere vero (valido), non solo per gli standard della verità (validità) adottati dagli scienziati, ma per qualsiasi altro standard.  

Non mi sembra filosoficamente retrogrado attribuire un'intelligenza all'universo nel suo complesso, piuttosto che a una sola sottospecie di mammiferi sulla Terra.  Un universo intelligente si evolve intenzionalmente nel tempo, anche se quell'intenzione può essere sempre inafferrabile per l'intelletto umano e magari esulare dalla nostra stessa idea di finalità.

Argomentazioni molto difficilmente controvertibili.  E più avanti, Coetzee ancora più concretamente scrive: 

Coloro che sostengono che dietro ogni carattere di ogni organismo c'è una storia di selezione avvenuta per mutazione casuale dovrebbero cercare di rispondere alla domanda: come mai l'apparato intellettuale che si è evoluto per gli esseri umani sembra incapace di comprendere con una qualche accuratezza la sua stessa complessità ?   

Perché noi esseri umani reagiamo con una sorta di timore reverenziale - come un ritrarsi della mente di fronte all'abisso - quando cerchiamo di comprendere, afferrare, certe cose come l'origine dello spazio e del tempo, come l'esistenza del nulla, o la natura stessa del comprendere ? Non vedo quali vantaggi evolutivi rappresenti la combinazione che ci è data - la combinazione di un'insufficiente comprensione intellettuale con la consapevolezza di quella inefficienza.

Un apparato intellettuale contrassegnato da una conoscenza consapevole della propria insufficienza è un'aberrazione dell'evoluzione. 

Bisognerebbe meditare a lungo su queste considerazioni.

(Citazioni tratte da J.M.Coetzee, 'Diario di un anno difficile', Einaudi 2006, pag.85)

9 commenti:

  1. Cara Parrocchia, mettiamola così: e' possibile, affermando qualcosa su un qualunque "oggetto", provocarne necessariamente l'esistenza? Se dico "I draghi verdi con la coda rossa e il naso giallo non sono conoscibili", determino la venuta nel mondo di entità di tal fatta? Avendone, come lei afferma, una sorta di elemento di conoscenza (la convinzione della loro non conoscibilità) promuovo l'indagine sulla loro natura ad imperativo epistemologico? Per un agnostico il problema dell'esistenza di dio non è indagabile razionalmente. Tutto qua. Mi pare una posizione del tutto rispettabile, e rispettosa delle opinioni contrarie.

    Per quanto riguarda il cosiddetto Intelligent Design, si tratta, per definizione, di una dottrina non scientifica. Per questo motivo gli organi di giustizia statunitensi si sono più volte espressi sulla non liceità del tentativo di presentarla come una teoria scientifica alternativa a ciò che sostiene la moderna biologia. Giusto e sacrosanto. Almeno a scuola ben vengano chiarezza e lingua diritta. Perdiana!

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  2. Caro Anonimo,

    rispondo io per ora (almeno sulla seconda parte) visto che il povero Tiziano (P.C.S.) è attualmente alle prese con qualche serio problemino di salute e ricoverato in ospedale.

    Ovvio che l'Intelligent Design è una dottrina (per ora) non scientifica. Ma si dà il caso che per spiegare l'origine del cosmo, noi non abbiamo ALCUNA dottrina scientifica, ma soltanto ipotesi. Diverso è riguardo alla evoluzione dell'universo - rispetto alla quale, ugualmente sappiamo ben poco visto che il 75% per cento della consistenza dell'universo è per noi mistero assoluto(non parliamo poi degli altri infiniti universi che la moderna scienza quantistica ci dice quasi certamente esistenti). Riguardo alla evoluzione dell'universo noi abbiamo soltanto, per ora, la spiegazione di un minuscolo frammento (peraltro probabilmente assai poco significativo, una caccola nella storia dell'universo) e cioè il darwinismo (non accettato da tutta la comunità scientifica) come spiegazione della evoluzione della vita biologica sulla terra.

    Ergo il darwinismo ci serve a ben poco, anzi nulla, per capire come funziona e soprattutto come è nato l'universo.

    Quindi è bene non confondere.

    Se a scuola, durante le ore di scienze, si pretende - come è sacrosanto - di rispondere alle curiosità degli allievi su come è nato il nostro universo, è bene e giusto rispondere che non vi sono attualmente certezze scientifiche - nessuna - e con la esposizione di TUTTE le ipotesi, contemplate dagli astrofisici (quindi compreso il disegno intelligente).

    E infatti questo è quel che avviene in tutte le scuole del mondo, meno quelle della Pennsylvania - a causa di un solerte decreto tribunalizio che pretende di stabilire per legge cosa può essere insegnato e cosa no durante le ore di scienze.

    F.

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  3. Caro Fabrizio, ti sarà certamente capitato di riflettere sul fatto che gli attributi "poco" e "molto" possono essere stiracchiati a uso e consumo di qualunque tesi. Un fatto certo è che rispetto a qualche secolo fa sappiamo molte più cose di come è fatto e come evolve nel tempo l'universo. E tutto questo grazie all'applicazione di un metodo conoscitivo che, al di là di alcune variazioni sul tema, partendo dall'osservazione di fenomeni naturali, punta alla formulazione di ipotesi esplicative che abbiano la proprietà di poter essere controllate empiricamente attraverso sperimentazioni o mediante ulteriori osservazioni che ne confermino il valore predittivo. Si tratta di una attività conoscitiva democratica (chiunque è in grado di operare i controlli e smentire, nel caso, anche gli accademici più accreditati), umile (non pretende di fornire risposte assolute e definitive) ma estremamente efficace. Con buona pace della spocchiosa tendenza, tanto di moda in alcuni contesti culturali, di buttar tutto in vacca, sbandierando un relativismo culturale che può far scena nelle chiacchiere da salotto, ma che è di fatto del tutto irrilevante nella suggestiva impresa di comprendere come funziona il mondo in cui ci muoviamo.

    La biologia si occupa di un problema specifico (è interessante che tu lo consideri tanto irrilevante, e mi piacerebbe approfondire la questione) che è quello dello sviluppo della vita sul pianeta. Si tratta, è vero, di un fenomeno locale, ma caratterizzato da proprietà che lo trasformano, a detta di molti, nell'evento forse più significativo dell'intero universo, se non altro per la complessità che lo contraddistingue. Almeno alla luce delle attuali conoscenze (fornite, tanto per cambiare, dall'applicazione del metodo scientifico). Di questo fenomeno si occupa dunque, nell'ambito delle scienze empiriche, la biologia. E di lezioni di biologia nelle scuole pubbliche si parla nella sentenza della Corte federale di Harrisburg. Esistono differenze nelle visioni del mondo scientifica e spirituale, e non vi è alcuna necessità di confondere la distinzione tra le due. Nessuno si sognerebbe di imporre al parroco di affiancare durante la messa domenicale alla lettura del vangelo, giusto per completare il discorso, qualche passo tratto dall'Origine delle Specie o dai Philosophiae Naturalis Principia Mathematica. Con la sua decisione il giudice Jones ha annullato l'OBBLIGO, da parte degli insegnanti di scienze, di presentare durante le loro lezioni in classe il Disegno Intelligente come spiegazione SCIENTIFICA ALTERNATIVA all'evoluzionismo. E questa non era una bella cosa, caro Fabrizio. Tenendo conto, oltretutto, che il Primo emendamento della democraticissima Costituzione degli Stati Uniti proibisce agli enti statali e federali di favorire un punto di vista religioso piuttosto che un altro.

    Per concludere: è ovvio che un bravo insegnante di biologia, di fronte alla curiosità dei suoi allievi, dovrà rispondere che "non vi sono certezze scientifiche", ma sarà sua premura illustrare le metodologie e i principi con cui la biologia esplora il mondo naturale, e quali siano le conoscenze maturate fino ad oggi. Di più: io personalmente utilizzerei l'idea del Disegno Intelligente come esempio per spiegare quanto poco efficaci siano questi tentativi pseudoscientifici nel contribuire al progresso della conoscenza.

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  4. Caro Anonimo,

    alcune cose: rispetto alla biologia (umana terrestre), l'ho definita irrilevante, con riferimento ovviamente alla vita dell'universo. La vita biologica esiste su questo pianeta da 3.5 miliardi di anni, sembra. Ma la 'finestra' di apparizione della intelligenza umana, come specie è ben più ristretta: l'Homo erectus apparve 'solo' 1 milione di anni fa, l'intelligenza molto dopo, e il prodotto di una civiltà umana intelligente biologica 'dura' da appena 10.000 anni.

    Cosa sono 10.000 anni nella storia dell'universo che - a quanto pare - dura da 13.7 miliardi di anni ?

    E' come se qualcuno, durante una lunga notte che dura 12 ore, accendesse la scintilla di un fiammifero per qualche frazione di secondo.

    In questo senso la biologia umana è irrilevante. Lo è anche da un altro punto di vista, ovvero che l'intelligenza umana - per ora - non è in grado di comprendere l'ambiente nel quale è calato: dove, quando e perché, e cosa c'era prima.

    A tutto questo va ad aggiungersi che la teoria del modello standard del 'Big Bang' sta ormai per andare in pensione. E molta della fisica e astrofisica contemporanea è convinta che il nostro universo sia qualcosa di a sua volta molto, molto meno rilevante rispetto a un 'tutto' molto, molto più complesso:

    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/02/04/addio-al-big-bang.html

    (il pezzo è vecchio, è del 1995, ma serve a rendere l'idea, oggi siamo molto più avanti nella elaborazione di modelli ultra-standard).

    Riguardo alla sentenza del tribunale di Harrisburg, se le cose stanno come tu dici, ovvero che si parlava soltanto di evoluzionismo (e quindi di evoluzione biologica terrestre e non di cosmologia) posso comprenderla meglio, se si trattava effettivamente di un obbligo imposto (in realtà in tutta questa materia gli obblighi sono ridicoli: conosco molti parroci che parlano tranquillamente di scienza fuori e dentro l'omelia e mi sembra una preoccupazione ridicola che durante l'ora di scienza non si affrontino anche ipotesi religiose, visto che molti scienziati parlano tranquillamente anche di religione. Insomma questa separazione dei saperi mi sembra anacronistica. Ma un conto è la libertà dell'insegnante, un conto è un obbligo imposto).

    Più in generale, non condivido questa super-valutazione del pensiero empirico come strumento privilegiato di avvicinamento (o meglio ancora di raggiungimento) della verità. Liquidare la filosofia - che opera su base logico-deduttiva - o la religione come estranee alla conoscenza è un pensiero molto limitato.

    Filosofia e religione sono espressioni dello stesso pensiero razionale nel quale si muove la scienza moderna, che si differenzia per il metodo applicato, il metodo empirico per l'appunto.

    Ma la conoscenza - per me (ma sono in buona compagnia, sin dai tempi di Platone e Socrate) - non è solo metodo empirico.

    F.

    p.s. a proposito, ma perché non ti firmi, così almeno ci possiamo chiamare per nome ?

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  5. Caro Fabrizio,

    messa come è nella tua ultima risposta, credo che la tua posizione sia quasi completamente condivisibile. Mi permetto solo alcune osservazioni, che riporto per comodità come commento ad alcuni passaggi. Purtroppo devo dividere in due il post perchè risulta troppo lungo

    “…alcune cose: rispetto alla biologia (umana terrestre), l'ho definita irrilevante, con riferimento ovviamente alla vita dell'universo.”
    Dicevo che trovo interessante questa tua posizione perché il superamento dell'antropocentrismo è, a mio parere, una delle conquiste più significative della scienza galileiana. Ho qualche dubbio però – già lo accennavo nel mio precedente post - sulla scala dei valori che implicitamente sembri utilizzare, e cioè che "molto" sia necessariamente superiore a "poco". I parametri quantitativi sono estremamente rilevanti nelle scienze empiriche (e quindi mi piace che li prendi in considerazione), ma non presuppongono giudizi!

    “A tutto questo va ad aggiungersi che la teoria del modello standard del 'Big Bang' sta ormai per andare in pensione. E molta della fisica e astrofisica contemporanea è convinta che il nostro universo sia qualcosa di a sua volta molto, molto meno rilevante rispetto a un 'tutto' molto, molto più complesso”
    Benissimo, mi pare in linea con quanto avviene ogni giorno e in ogni ambito della scienza: i modelli (le spiegazioni che si danno) evolvono, si modificano, vengono sostituiti da altri più completi. Non è assolutamente una novità, ma siamo sempre nell'ambito del metodo empirico. Nulla a che vedere con pastrocchi pseudoscientifici come l'I.D.

    “… mi sembra una preoccupazione ridicola che durante l'ora di scienza non si affrontino anche ipotesi religiose, visto che molti scienziati parlano tranquillamente anche di religione”
    D’accordo. Ovviamente a condizione che vengano tenuti distinti i due piani: un’ipotesi religiosa non è una teoria scientifica. Questo aspetto, durante una lezione di scienze naturali, va necessariamente rilevato.

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  6. Seconda parte...

    “Più in generale, non condivido questa super-valutazione del pensiero empirico come strumento privilegiato di avvicinamento (o meglio ancora di raggiungimento) della verità”.
    Credo che nessuno scienziato si sognerebbe di utilizzare il termine "verità" a commento delle sue ricerche. Personalmente trovo che il concetto di "verità" sia piuttosto ingenuo e fuorviante, e anche abbastanza arrogante, se coniugato con quello di conoscenza. La verità presuppone un punto di arrivo definitivo, oltre il quale non c'è più niente da aggiungere e né da scoprire. Nulla di più estraneo al lavoro dello scienziato, che più modestamente si propone di aggiungere ogni giorno nuovi elementi di conoscenza su come funziona il mondo. Si dispone qualche nuovo tassello a una rappresentazione che non sarà mai conclusa, preparando la strada a chi continuerà l'opera. E' un lavoro per certi aspetti umile, ma proprio a causa della immensa complessità dell'universo, si tratta in realtà di una ricerca straordinariamente appassionante.

    “Liquidare la filosofia - che opera su base logico-deduttiva - o la religione come estranee alla conoscenza è un pensiero molto limitato”
    Non penso di averlo detto, né che lo abbia implicitamente o esplicitamente affermato la sentenza di Harrisburg

    “Filosofia e religione sono espressioni dello stesso pensiero razionale nel quale si muove la scienza moderna, che si differenzia per il metodo applicato, il metodo empirico per l'appunto.
    Ma la conoscenza - per me (ma sono in buona compagnia, sin dai tempi di Platone e Socrate) - non è solo metodo empirico.”
    Abbastanza d'accordo, ma concedimi una piccola malignità: in questi ambiti si gioca un po' troppo con il concetto di verità (v. sopra), e a parte gli intoppi che esso genera lungo il percorso della conoscenza, questo sembra favorire posizioni di rigida intransigenza, con tutte le drammatiche conseguenze che ciò può comportare. Quante guerre si sono combattute in nome di "verità" sbandierate da religioni e filosofie (bisognerebbe forse dire "ideologie")?. Non mi risulta invece che si sia mai sparato un solo colpo per difendere o propagandare una teoria scientifica. Ti consiglierei la lettura del testo "Scienza, quindi democrazia" di Gilberto Corbellini, che contiene tante riflessioni interessanti nel merito della questione.

    “p.s. a proposito, ma perché non ti firmi, così almeno ci possiamo chiamare per nome ?”
    Di solito intervengo con il mio account di twitter, ma non ho capito come funziona sul tuo blog. Nessuna difficoltà, anzi è un piacere firmarmi.
    Alla prossima.

    Salvo Perone

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  7. Caro Salvo,

    ti ringrazio molto per le tue risposte, che mi sembrano tutte molto pertinenti e stimolanti.

    La nostra bella conversazione potrebbe andare avanti ancora a lungo, rischiando di ripercorrere le argomentazioni di Settembrini e di Nephta nell'incantata montagna del buon Th.Mann.

    E' in fondo il guado nel quale ci dibattiamo da millenni, inseguendo i diversi percorsi di conoscenza umana, che in soli 2.000 anni, hanno fatto percorrere una discreta strada all'animaletto bipede.

    Credo però che tutto in fondo dipenda dalla prospettiva dalla quale si guardi il mondo (come quella canzoncina che tempo fa si ascoltava alla radio) e che esprime molto bene J.M.Coetzee nel testo dal quale siamo partiti, quando parla della differenza tra 'vero' e 'valido', che la scienza molto più prudentemente usa.

    In molti - e tu mi pare sei tra questi - si sentono molto confortati dal 'valido', e a questo si tengono strettamente tenuti, non ponendosi nemmeno la 'quistione' del vero, se esista un vero, e dove sia. Si procede, come dici tu, umilmente, passo dopo passo, e non importa dove si arrivi.

    Per altri - io sono ovvio in quest'altra categoria - conta invece solo il 'vero', che è ovviamente misterioso e in-conosciuto (e probabilmente in-conoscibile a meno di una ri-velazione di quel tanto, immenso che è nascosto). A me soltanto questo, personalmente interessa: in definitiva, la risposta a quelle famose 'quistioni', e cioè quelle che gli antichi chiamavano 'ultimi': in definitiva, chi siamo, da dove veniamo e perché siamo qui. Il che però non è solo riferito al nostro 'essere' (che già rappresenta una impresa improba) ma riferito anche all'ambiente cosmico (nella immane complessità di cui abbiamo parlato) che ci circonda.

    In questo tipo di 'quistioni' trovo molto, molto più 'conforto' da discipline come la filosofia o la teologia (o teoretica) che dalla scienza empirica.

    Ma, lo ammetto, questa è la mia esigenza e anche la mia 'forma mentis', perciò temo di non poterci fare nulla.

    Ciao,

    Fabrizio.

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