21/06/12

'Coral Glynn' di Peter Cameron - RECENSIONE.




La giovane Coral Glynn, orfana e sola al mondo arriva in una lussuosa e decadente villa nel Leicestershire, in Inghilterra, nel pieno degli anni '50. Specialista infermiera, deve occuparsi dell'anziana e moribonda Mrs. Hart.

Nella vetusta dimora riceve le attenzioni del figlio di lei, il "maggiore" Clement Hart che, reduce di guerra, ha metà del corpo ustionato. 

Cupo e malinconico, dopo la morte della madre, il maggiore trova il coraggio per chiedere a Coral di sposarlo. Il matrimonio però, appena celebrato, va in fumo: Coral si ritrova coinvolta nell'agghiacciante vicenda di una bambina trovata impiccata nel bosco vicino alla villa.  Costretta a fuggire, su sollecitazione di Clement, Coral si rifugia a Londra dove finisce in sposa a Laszlo, l'aitante figlio unico di una affittacamere polacca.  

Nell'epilogo, che descrive le vicende di 15 anni dopo, Coral si ritrova in viaggio insieme al marito a transitare proprio dalle parti di Villa Hart. Scopre che il maggiore si è infine sposato con Dolly, la ex moglie del suo migliore e unico amico (nonché ex amante) Robin. 

Cameron inventa una favola nera che a tratti sconfina nel gotico, di sapore diverso - e complessivamente meno convincente - dei precedenti due romanzi, Quella sera dorata e Un giorno questo dolore ti sarà utile, in particolare il primo che resta il suo migliore.

Qui la cosa migliore è il personaggio di Coral che da innocente verginea (si scoprirà poi che non è proprio così) vediamo raggiungere insperabili  traguardi di avvedutezza al limite del cinismo, lasciando al personaggio del maggiore il carattere della integrità (seppure minata da impotenza e debolezza). 

La narrazione e questo è il difetto principale, indugia compiaciuta (in particolare i dettagli delle scene erotiche, l'omosessualità vera e latente, le ossessioni noir) e sembra spesso girare a vuoto con una scrittura non sempre misurata, cifra che pure sembrava finora tipica dello stile di Cameron. 

Peter Cameron, Coral Glynn, Adelphi, 2012 (traduz. di Giuseppina Oneto) 


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