27/02/11

Il cielo della Memoria - di Marcel Proust.




Qualcuno l'ha definita la poesia più bella che sia mai stata scritta. E certamente non è così difficile convenirne, nella magnifica traduzione qui sotto. 


Tutto cancella il tempo come l’onda cancella
i giochi dei fanciulli sulla sabbia spianata.
Dimenticheremo le vaghe, le precise parole
che schermavano, tutte, un poco d’infinito.

Tutto il tempo cancella, ma non offusca gli occhi,
sia chiari come l’acqua o d’opale o di stella.
Belli come nel cielo o dentro un lapidario,
brilleranno per noi d’un fuoco triste e gaio.

Gli uni, a un vivente scrigno trafugati gioielli,
duri raggi di pietra mi getteranno in cuore,
come quando nella palpebra conflitti, sigillati,
lucevano d’un raro, illusorio splendore.

Ad altri dolci fuochi da Prometeo rapiti
la scintilla d’amore che in esso palpitava
per soave tormento abbiam portato via,
gioie troppo preziose o luci troppo pure.

Il cielo della mia memoria costellate in eterno,
inestinguibili occhi delle donne che ho amate !
Sognate come morti, brillate come glorie,
scintillerà il mio cuore come a maggio la notte.

Simile a una nebbia d’oblio cancella i volti,
i gesti che altra volta adorammo al divino,
che ci resero folli, che ci resero saggi,
grazie di perdizione, e simboli di fede.

Tutto cancella il tempo, le sere confidenti,
le mani ch’io posavo sul suo collo di neve,
i suoi sguardi che l’arpa dei miei nervi sfioravano,
la primavera che su noi scuoteva i suoi turiboli.

Altri occhi, pur essendo d’una donna gioiosa,
al pari dei rimorsi erano vasti e neri,
spavento delle notti, mistero delle sere.
Fra le sue belle ciglia c’era l’anima intera,

e come un gaio sguardo era vano il suo cuore.
Altri, simili al mare così dolce e cangiante,
ci smarrivano all’anima che in essi è prigioniera
come incalza l’ignoto nelle sere marine.

Solcammo, mar degli occhi, i tuoi limpidi flutti.
Gonfiava il desiderio le rattoppate vele;
delle antiche tempeste dimentichi, andavamo
sull’onda degli sguardi a scoprire altri cuori.

Tanti sguardi diversi, così simili i cuori !
Vecchi, delusi ostaggi degli occhi,
dovevamo restarcene a dormire sotto le fronde… Ma anche
sapendo tutto voi vi sareste imbarcati

per avere quegli occhi gravidi di promesse
come un mare che a sera fantastica del sole.
In inutili imprese vi siete prodigati
per giungere al paese del sogno che, vermiglio,

si lamentava d’estasi oltre le acque vere,
sotto la santa arca d’una nube, profeta
crudele. Ma è pur dolce avere per un sogno
queste piaghe, e festoso brilla il vostro ricordo.


Traduzione di Giovanni Raboni - Gallimard, 1982.

26/02/11

Il senso apocalittico di Heidegger e l'oggi - Jeanne Hersch.


Una delle più lucide critiche al pensiero di Martin Heidegger che ha potentemente illuminato e condizionato il pensiero filosofico occidentale del Novecento - da destra e da sinistra, come è stato ed è evidente anche in Italia - è quella formulata da Jeanne Hersch, filosofa svizzera nata nel 1900, e morta novantenne nel 2000, allieva di Husserl, che come è noto fu il maestro di Heidegger. E' davvero molto interessante rileggere oggi questa citazione tratta da Il dibattito su Heidegger: la posta in gioco testo pubblicato dall'editore Carocci nel 2004.


“Nel cuore della filosofia di Heidegger troviamo questa forza, la più viva del suo pensiero, che non è, come è stato detto, la meraviglia di fronte all’essere, ma il disprezzo per tutto quello che non è questa meraviglia, nella sua nudità e sterilità.

Un disprezzo ardente, appassionato, ossessivo per tutto ciò che è comune, medio e generalmente ammesso; per il senso comune, per la razionalità; per le istituzioni, le regole, il diritto; per tutto quello che gli uomini hanno inventato, nello spazio in cui debbono convivere, per confontare i loro pensieri e le loro volontà, dominare la loro natura selvaggia, attenuare l’impero della forza.

Disprezzo globale, dunque, per la civiltà occidentale, cristallizzata in tre direzioni: la democrazia, la scienza e la tecnica - per tutto ciò che, generato dallo spirito dell’Illuminismo, fa assegnamento su ciò che può esserci di universale nel senso di Cartesio, in tutti gli esseri umani.

Tutto questo è vuoto. … Tutta l’epoca è vissuta come superficiale, vana, senza spessore né profondità. Tutto shallow” .


24/02/11

La "divina bellezza" di C.G.Jung, sulle note di Kjetil Bjornstad.



E' una sorta di testamento spirituale, quello scritto da Carl Gustav Jung nell'ultima pagina di 'Ricordi, sogni, riflessioni', pubblicata nel 1961 E' sempre meraviglioso rileggere queste parole.

Sono stupito, deluso, compiaciuto di me; sono afflitto, depresso, entusiasta. Sono tutte queste cose insieme, e non so tirare le somme. Sono incapace di stabilire un valore o un non-valore definitivo; non ho un giudizio da dare su me stesso e la mia vita. Non vi è nulla di cui mi senta veramente sicuro. Non ho convinzioni definitive, proprio di nulla. So solo che sono venuto al mondo e che esisto, e mi sembra di esservi stato trasportato. Esisto sul fondamento di qualche cosa che non conosco. Ma, nonostante tutte le incertezze, sento una solidità alla base dell'esistenza e una continuità nel mio modo di essere.

Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. Se la mancanza di significato fosse assolutamente prevalente, a uno stadio superiore di sviluppo la vita dovrebbe perdere sempre di più il suo significato; ma non è questo - almeno così mi sembra - il caso. Probabilmente, come in tutti i problemi metafisici, tutte e due le cose sono vere: la vita è - o ha - significato, e assenza di significato. Io nutro l'ardente speranza che il significato possa prevalere e vincere la battaglia.

Quando Lao Tse dice: "Tutti sono chiari, io solo sono offuscato", esprime ciò che io provo ora, nella mia vecchiaia avanzata. Lao Tse è l'esempio di un uomo di una superiore intelligenza, che ha visto e provato il valore e la mancanza di valore, e che alla fine della sua vita desidera tornare nel suo proprio essere, nell'eterno inconoscibile significato. L'archetipo dell'uomo vecchio che ha visto abbastanza è sempre vero. Questo tipo appare a qualsiasi livello di intelligenza, e i suoi tratti sono sempre gli stessi, sia egli un vecchio contadino o un grande filosofo come Lao Tse. Così è la vecchiaia, dunque limitazione. Eppure vi sono tante cose che riempiono la mia vita: le piante, gli animali, le nuvole, il giorno e la notte, e l'eterno nell'uomo. Quanto più mi sono sentito incerto su di me stesso, tanto più si è sviluppato in me un senso di affinità con tutte le cose. Mi sembra, infatti, che quell'alienazione che per tanto tempo mi ha diviso dal mondo si sia trasferita nel mio mondo interiore, e mi abbia rivelato una insospettata estraneità con me stesso.»


22/02/11

Cosa è il Buono.



Entrare in casa di una povera vecchia, cieca, e derubarla di una macchina fotografica è una azione moralmente buona ? Certamente no, si direbbe.
Invece, nel "Racconto di natale" di Paul Auster, mirabilmente reso da un grande attore come Harvey Keitel, e poi sceneggiato in bianco e nero, sulle note di Tom Waits - "Innocent when you dream" - si scoprono molte cose.
Si può scoprire che una azione apparentemente malvagia - un furto, di nascosto ad una anziana cieca - può essere inserita in un contesto e quindi in un significato totalmente positivo, totalmente buono.
Buono è la parola giusta oggi. Buono. In un momento nel quale, in questo paese, sembriamo aver smarrito anche la via più semplice al buon senso (lo scetticismo etico che sembra aver ottenebrato le menti), a ciò che è bene e ciò che è male, a ciò che anche un bambino sa, e noi facciamo finta di aver dimenticato, nelle nostre vite alienate, prive di senso.

21/02/11

Ricostruzione morale ? Paul Ricoeur.


Quello che stiamo vivendo, in gran parte dell'Occidente oggi, mentre il sud del Mediterraneo islamico si infuoca giorno dopo giorno sulle parole d'ordine di 'grano' e di 'libertà' (due pretese che dalle nostre parti sembrano non costituire più un problema), è un ri-pensamento generale, di dove ci sta portando il nostro progresso. E se davvero, la caduta verticale di valori e riferimenti, lo scetticismo pratico e il relativismo etico (con conseguente immoralità o amoralità dilagante) siano l'unico scenario che ci aspetta.

Forse la nostra empasse, però, parte da lontano. E parte proprio da quel che noi crediamo di aver 'archiviato'. Questa frase del grande Paul Ricoeur, mi sembra molto indicativa, e degna di essere davvero meditata.

«Non abbiamo finito di estirpare in gran parte del mondo l'eredità del totalitarismo. Noi abbiamo compiuto l'opera di ricostruzione post-bellica, ma non abbiamo affrontato la ricostruzione morale dopo l'esperienza inaudita della violenza e della tortura che è ancora praticata nel mondo.»


19/02/11

La caccia ai moralisti stravolge perfino il Vangelo. Roberta de Monticelli.


Mi capita in questo periodo - ma non credo di essere il solo - di provare sgomento.

Di fronte alla evidenza e alla rilevanza di quella che viene chiamata 'questione morale' nel nostro paese, resto sbigottito dalla mancanza di serietà delle argomentazioni, dalla malafede, e dal puro stravolgimento strumentale che viene fatto di quei valori condivisi - se non altro 'teoricamente' - che dovrebbero far parte di una tradizione millenaria del nostro paese.

Sembra che abbiamo smarrito, tutti, anche le più semplici coordinate. Così, il pensiero comune sembra ora aver trovato una nuova bandiera sotto la quale riunirsi, che è quella della "caccia al moralista", laddove 'moralista' è ormai usato come un insulto per definire una persona 'morale'.

Ma non è tanto l'equiparazione - interessata e subdola - tra moralista e morale ad indignarmi. Mi indigna, come detto, la lettura distorta, meschina, proterva, che si fa perfino dei fondamenti della vita cristiana, di quei 'valori' discendenti direttamente dai detti di Gesù Cristo nei Vangeli.

Così, con un certo sollievo, ho trovato nell'ultimo libro di Roberta De Monticelli - 'La Questione Morale', edito da Raffaello Cortina Editore, ed uscito da pochi giorni - un passo che riassume perfettamente questo mio sconcerto (e quello di molti altri, credo) e i termini del problema, riguardo a peccato e peccatore, a giudizio e morale, al celebre episodio dell'adultera, e all'uso davvero sconfortante, vorrei dire abietto, che per fini autogiustificativi (cioè giustificativi dei propri comportamenti e delle proprie scelte e opzioni politiche) si fa perfino di un detto evangelico. Ecco il passo, che riporto nella sua interezza.

"Da noi il 'precetto evangelico "chi è senza peccato scagli la prima pietra" è inteso come chiamata di correo, e la chiamata di correo come giustificazione del reo. Insomma vuol dire: "Così fan tutti." Ma vuol dire anche - conclusione assurda - "e perciò va bene così".

Interpretare a questo modo il detto evangelico, vuol dir, né più né meno, richiamare il contraddittore alla legge dell'omertà. Se faccio schifo io, fai schifo anche tu, e dunque ti conviene stare zitto.

L'omertà sta al servilismo come la viltà sta alla prepotenza, e queste quattro belle virtù qualificano precisamente l'esistenza gregaria, che si potenzia nel 'noi' e rifugge certamente da ogni presa di posizione personale, da ogni assunzione di responsabilità, delle proprie opinioni o delle proprie azioni."


01/02/11

Specchio della materia - di Fabrizio Falconi.



Specchio della materia



A forza di spiegare

diventa più confuso

il mormorio delle vele.


Che fantasmi muovono

le cose, che pallidi specchi

siamo noi, a credere ancora


alla destinazione concreta

dei giorni della vecchiaia,

altro non sono che materia


viva, disinteresse per la morte,

istinto, giravolta sui canapi

lasciàti cadere nel vuoto della tenda.


Non appaiono più all'orizzonte

fenici sulla punta dell'obelisco

triste il nostro passare


su una distesa di strati morti,

vivi più di quel che si immagina

e il respiro è nel tuo volto


arrossato di novembre,

nell'aria che si condensa

nella tristezza che è già oro.



Fabrizio Falconi - da 'Le finestre Verdi' - in 'Il respiro di oggi', Terre Sommerse, 2009.