18/03/09

Il perdono che non sappiamo dare.


Mentre la fede cattolica sembra ormai interessarsi soltanto alle esternazioni, alle polemiche, alle questioni legate all'etica, alla biologia, alla politica, ecc.. Il Vangelo sempre ci sorprende e - per fortuna - ci riporta al nucleo essenziale della nostra fede, a quel nucleo che è veramente importante, e senza il quale - si direbbe parafrasando San Paolo - assai vano sarebbe il nostro credere.

Uno degli aspetti principali della fede cristiana, la virtù che Cristo ha, in modo veramente rivoluzionario, calato nel mondo, è il perdono.

La liturgia di ieri ci ha riproposto questo semplice, straordinario brano del Vangelo: "In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. " La cosa che tutti dovremmo notare, credo, è che la domanda di Pietro non dice: "al mio fratello, se pecca contro di me e poi si pente ?" ma soltanto " se pecca contro di me".

Quindi, questo perdono iperbolico che il Signore ci richiede (70 volte 7, simbolo di pienezza) va - andrebbe - concesso non soltanto a chi pecca contro di me, ma anche a chi pecca contro di me, senza pentirsene.

Beh, se noi riflettiamo sulle nostre vite, su quanto ci è difficile anche solo perdonare una persona che ci ha fatto del male, e che si è pentita e che ci chiede perdono - il nostro orgoglio si oppone, sdegnosamente - figuriamoci quanto può essere difficile valutare e praticare il perdono per colui che ci ha offeso gratuitamente, e nemmeno se ne è pentito, ma anzi magari si vanta anche di quell'offesa.

Ma ogni volta io torno alla domanda iniziale: perchè il Signore ci chiede queste cose che umanamente ci appaiono im-praticabili, quasi utopistiche ? Io credo che ce lo chieda, perchè sa che nel cuore di un uomo questo perdono è possibile. Che l'uomo, nella sua grandezza (che contiene anche tanta bassezza) è capace della cosa più umana del mondo, e cioè di perdonare chi ti ha fatto del male.

Quanto bisogno abbiamo di perdono. Ma ancor di più quanto bisogno abbiamo di perdonare, di imparare a perdonare sul serio. Non basta una vita. Ma ogni giorno è buono (e santo) per provare ad iniziare.

9 commenti:

  1. bellissimo post, Faber!

    è vero, il Signore non ci chiede se non quello che si trova già in noi, nel nostro cuore più profondo... e forse ancor prima di perdonare gli altri abbiamo bisogno di perdonare noi stessi

    RispondiElimina
  2. Magda, condivido pienamente. Se non si è capaci di auto-perdonarsi (ma il perdono è tutt'altra cosa dell'auto-assoluzione, così dilagante oggi), non si è capaci nemmeno di perdonare gli altri.

    RispondiElimina
  3. Può un uomo, una donna qualsiasi perdonare? Si tutti possiedono potenzialmente questa capacità.
    Dinanzi ad una persona che ti ha ucciso la tua famiglia riesci a perdonarla? Penso ancora si che la capacità c’è ma non è quasi mai messa in pratica per impossibilità umana a renderla efficace.
    Cosa voglio dire con questo? Che l’uomo può arrivare da solo, davanti a un dramma infinito come quello di una perdita (uccisione) di un figlio, al massimo a tradurre la propria volontà intellettuale di perdonare l’assassino del proprio figlio anche se impenitente. Attenzione quel “massimo” di cui parlo è la più alta e nobile rappresentazione di cosa possa fare una persona nella sua vita. Eppure si può di più, ancora di più. Cristo ci invita a perdonare non partendo da noi stessi ma lasciandosi riconciliare in Dio attraverso la sua persona e il suo Spirito. Senza questa riconciliazione il perdono rimane un azione, pur grande nella sua essenza, prettamente umana ed intellettuale. Solo nel riconoscerci peccatori e accettando il perdono di Dio riuseremo a nostra volta a perdonare e a saper tradurre il nostro perdono in un effettivo aiuto per l’altro.
    Confesso a questo punto tutto la mia difficoltà a pensare a tutto ciò quando il mio prossimo non solo mi ha fatto del male ma rimane pervicacemente impenitente come tu dici caro Faber. Penso che in questi casi ci si debba totalmente abbandonare nelle braccia di Dio e ascoltare ciò ha da dire al nostro cuore (………….Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello…).
    Vorrei dire tante altre cose ma non posso in questo momento.
    Un saluto a tutti

    RispondiElimina
  4. Il perdono che non sappiamo dare....senza riconciliarci con Dio. Oggi spesso tendo facilmente ad auto-assolvermi, come tu dicevi Faber, in primis nel rapporto con l'Altro, con Dio, e di conseguenza nel rapporto con gli altri.
    Pigrizia? Ozio? Immaturità? Ricerca del piacere fine a sé stesso? O più semplicemente mancanza di fede?
    Nel cuore di un uomo la possibiltà di perdonare è donata da Dio attraverso lo Spirito Santo, più ci allontaniamo o meglio meno ci riavviciniamo a Dio e meno riusciremo a perdonare nella nostra vita. Ecco perché per noi che abbiamo avuto la grazia di incontrare Cristo nel nostro cuore diventa fondamentale riprendere il cammino di conversione che è innanzitutto un cammino di ascolto. Ascoltare per vivere il perdono di Dio inteso come invito ad un nuovo futuro, una nuova vita. Finché non avremo il coraggio di riscoprire il fondamentale significato del sacramento della riconciliazione rischieremo sempre di ingannarci sul nostro essere cristiani e la fede rischia di essere solo una pia illusione.
    Scusate i toni forse un po' savonaroleschi.
    Un abbraccio a tutti

    RispondiElimina
  5. ... la domanda che non ci facciamo mai, caro Faber è se in qualche modo siamo responsabili del comportamento che l'altro ha avuto verso di noi: se abbiamo aizzato il suo lato peggiore, manifestato i nostri veleni. Molte delle cosiddette cattiverie che ci cadono addosso sono in parte determinate da nostri comportamenti. Solo Gesù subisce un ingiustizia senza averne nessuna responsabilità diretta o indiretta! _Ma noi, possiamo affermare con tanta sicurezza lo stesso. C'è qualcosa di profondamente umano nel brano della trave e del fuscello e non è l'aspetto moralistico ma proprio quello psicologico vorrei dire. Se voglio tirare via il fuscello dall'occhio del fratello devo tirare via la trave dal mio perché questo mi consente di vedere meglio, se voglio giudicare il comportamento di un altro devo innanzitutto guardare i miei. quante ragioni troviamo alle nostre cattiverie? quante persone dovrebbero perdonarci? Se ci guardiamo attorno e guardiamo senza infingimenti i nostri comportamenti, ognuno di noi ha bisogno di tanti perdoni, ma non ne sentiamo il bisogno perché diamo tante ragioni ai nostri atteggiamenti. Ebbene la stessa regola vale per chi ci offende. dobbiamo domandarci quali ragioni ha per farlo: e' in fondo la domanda di Gesù nel Cortile di Caifa a chi lo schiaffeggia - se ho sbagliato dimmi dove, se non ho sbagliato perchè mi schiaffeggi?. Ecco domandarsi le ragioni dell'altro è il primo passo verso un possibile perdono che umanamente ci è impossibile fare con le sole nostre forze.

    RispondiElimina
  6. Angelo, leggo queste tue considerazioni, e le porto con me. Soprattutto là dove avverti sul fatto che l'impossibilità per noi di perdonare si deve necessariamente sciogliere nell'abbandono della misericordia del Signore, senza la quale davvero nessun nostro reale perdono appare possibile.

    Alessandro, è davvero opportuno ciò che ci fai considerare. Siamo da sempre abituati - da quando siamo bambini - a ritenerci nel giusto, e ingiustamente offesi, ingiustamente trattati male, come se il nostro comportamento sia già dato in partenza.
    La cosa più difficile resta come sempre quella di spostare la prospettiva e di metterci 'realmente' nei panni degli altri, dell'altro, per entrare nel suo cuore e percepire cosa c'è nel cuore dell'altro, cosa nel cuore dell'altro -e in che modo - è stato sollecitato dal mio comportamento, dai miei gesti, dalle mie parole, dalle mie omissioni.

    RispondiElimina
  7. ... e poi vi è il perdono che non sappiamo ricevere...crediamo che Dio ragioni come noi per questo fatichiamo cosi ad accettare il suo amore..non l'amore immenso indefinito, sconfinato, illimitato, ma proprio quello specifico, mirato sino al più profondo del nostro cuore per noi..per ognuno di noi. Fatichiamo a credere quando si abbia una pur minima percezione di sè che sia possibile amarci e accettarci e volerci cosi come siamo..proprio così e non come sa e perché sa come potremmo essere.Solo Dio è capace di amare ognuno in speranza e per questo ci perdona prima ancora che il nostro peccato appesantisca la sua croce..come fa appunto dalla croce... noi non sappiamo perdonare perché siamo incapaci, da soli, di amare in speranza..di sapere anche senza vedere che l'altro può cambiare..come noi del resto...

    RispondiElimina
  8. ...ed è anche per questo che non sappiamo perdonare...

    RispondiElimina
  9. Grazie Alessandro. Fra l'altro qualcosa di queste tue considerazioni convoglierà anche nel nuovo post che ho scritto.
    E' proprio come tu dici.

    RispondiElimina

Se ti interessa questo post e vuoi aggiungere qualcosa o commentare, fallo.