14/01/09

La religione civile che manca all'Italia - Un articolo di Vito Mancuso.


Cari lettori del Mantello, vi rivolgo un caldo invito a non perdere questo articolo che ieri Vito Mancuso ha scritto per La Repubblica e che pubblico qui di seguito integralmente, sul quale - credo - sarà bene per ciascuno di noi riflettere, e discutere - se vorrete.


Non mi risulta ci sia lingua al mondo che usi l' aggettivo della propria nazionalità per designare qualcosa di imperfetto e di furbesco, come invece facciamo noi italiani dicendo "all' italiana". C' è sfiducia verso l' Italia anzitutto da parte degli stessi italiani: quanti di noi oggi, immaginando di scegliere dove poter nascere, sceglierebbero l' Italia?

La crisi però non dipende dal fatto che valiamo poco, ma dal fatto che valiamo molto, nel senso che la notevole intelligenza degli italiani è incapace di trovare un valore-guida comune. Già nel 1513 Machiavelli scriveva che «in Italia non manca materia da introdurvi ogni forma»: il nostro problema non è la materia umana, che c' è; è piuttosto la mancanza di una forma su cui modellare l' esuberanza della materia.

Il problema non è il valore dei singoli, ma l' armonia tra tanti singoli di valore. Il problema, in altri termini, è "religioso", nel senso etimologico del termine religio: in Italia, a differenza degli altri paesi occidentali, manca una religione "civile", capace di legare responsabilmente l' individuo alla società.

Si tratta, per dirla ancora in altro modo, di capire come mai l' Italia, ai primi posti quanto a pratica religiosa, lo sia anche per corruzione, evasione fiscale, criminalità organizzata e litigiosità della politica. Per argomentare il mio pensiero procedo mediante tre tesi.

Prima tesi: Una società è tanto più forte quanto più è unita, e ciò che tiene unita una società è la sua religione. Con questa tesi non voglio dire che il cattolicesimo in quanto religione istituita del nostro paese sia ciò che unisce la società e che per "salvare l' occidente" anche i non credenti debbano giungere a dirsi culturalmente cattolici, come vogliono gli "atei devoti".

Intendo dire, al contrario, che ciò che tiene insieme una società rappresenta de facto la religione di quella società, religione da intendersi nel senso etimologico di religio, cioè legame, principio unificatore dei singoli. Nel suo senso più profondo, infatti, che cos' è la religione? È il fatto che talora un individuo avverta un' attrazione irresistibile verso una realtà più grande di lui, nella quale egli, tuttavia, si identifica. Il termine "religione" porta al pensiero questo fenomeno fisico di dipendenza e insieme di identificazione.

Chi ne è abitato non conosce nulla di più forte, e se poi condivide con altri questo legame, la struttura che si crea è solidissima. Per questo, quanto più una società condivide un principio unificatore, tanto più è forte. Il principio unificatore condiviso è stato visto dai nostri padri latini e chiamato religio, legame dei singoli che trasforma un insieme casuale in un sistema operativo.

La religione civile è la particolare disposizione della mente per cui un antico romano concepiva Roma più importante di sé, o per cui i politici americani ripetono God bless America sapendo che è l' America l' idea che tiene insieme gli americani. È superficiale pensare che la società sia la semplice somma degli individui: l' Impero romano non era la somma dei cittadini romani, e l' America non è la somma degli americani. Roma e l' America rappresentano idee in grado di far sì che i singoli si sommino in modo ordinato, formando un sistema. E più l' idea è unificante, più il sistema è operativo.

Seconda tesi: L' Italia non ha una religione civile e questo è il suo problema più grave. L' Italia è ai primissimi posti in Europa quanto a corruzione. La corruzione lacera il legame sociale producendo un diffuso senso di sfiducia e sfilacciamento nel Paese e un' immagine negativa all' estero. Occorre chiedersi come mai siamo così corrotti e corruttori. Anche senza la retorica degli "italiani brava gente", io non penso che la causa di tale fenomeno sia che gli italiani, individualmente presi, siano moralmente peggiori degli altri europei. Penso piuttosto che la causa sia la mancanza, all' interno della coscienza comune, di un' idea superiore rispetto all' Io e ai suoi interessi. I danesi, che risultano il popolo meno corrotto d' Europa, come singoli non penso siano moralmente migliori degli italiani; penso piuttosto che essi condividano in misura molto maggiore la convinzione che vi sia qualcosa più importante del loro particulare, per usare la classica espressione di Guicciardini.

Questo qualcosa cui l' Io sa cedere il passo è la società: il singolo si comporta onestamente verso la società perché sente che essa è più importante di lui e perché al contempo vi si identifica, secondo la logica di dipendenza e identificazione vista sopra. Viceversa in Italia i più ritengono che il singolo sia più importante della società, e per il bene del singolo non si esita a depredare il bene comune della società. Da qui il tipico male italiano che è la furbizia, uso distorto dell' intelligenza. Il furbo è un intelligente che sbaglia mira, che non ha un oggetto adeguato su cui dirigere l' intelligenza, che non capisce il primato dell' oggettività e la dirige solo su di sé. Al contrario chi sa usare davvero l' intelligenza capisce che la vita contiene valori più grandi del suo piccolo Io, e di conseguenza vi si dedica. L' intelligente gravita attorno a una stella, il furbo invece fa di se stesso la stella attorno a cui tutto deve ruotare. Con l' ovvio risultato che un insieme di intelligenti è in grado di creare un sistema, in questo caso non solare ma sociale, mentre un insieme di furbi è destinato semplicemente al caos e alla reciproca sopraffazione.

Noi italiani siamo più corrotti perché usiamo in modo distorto la nostra intelligenza, e tale distorsione la si deve alla mancanza di un' idea comune più grande dell' Io, cioè di una religione civile e dell' etica che ne discende.

La religione civile è ciò che consente di rispondere alla seguente domanda: perché devo essere giusto verso la società? Perché devo esserlo anche quando la mia convenienza mi porterebbe a non esserlo? Senza un legame di tipo "religioso" con la società, nessuno sacrifica il suo particulare, nessuno sarà giusto quando non gli conviene esserlo e può permettersi di non esserlo. Per questo la formazione di una religione civile è d' importanza vitale per il nostro paese.

Terza tesi: Una delle condizioni perché in Italia possa sorgere una religione civile è che i cattolici mettano la loro fede al servizio del bene comune. I tentativi di creare un' etica civile in Italia sono stati, e sono, di due tipi: guelfo e ghibellino. Il primo intende l' etica civile come traduzione diretta del cattolicesimo, anche a prescindere dalla fede: è l' idea degli atei devoti, guardata con notevole favore dall' attuale gerarchia cattolica. Il secondo ritiene al contrario che un' etica civile potrà sorgere solo dal superamento del cattolicesimo, ritenuto il principale responsabile della sua mancanza in Italia soprattutto per la presenza del papato. Io ritengo entrambi i tentativi destinati a fallire, il primo perché non tiene conto della secolarizzazione e della globalizzazione, il secondo della tradizione.

La storia ci ha mostrato infatti che una religione civile contrapposta al cattolicesimo non sia politicamente concepibile in Italia, si pensi al mito risorgimentale della nazione confluito nel fascismo e al mito della società confluito nel comunismo. Una religione civile, e la conseguente etica di cui l' Italia ha urgente bisogno, potrà sorgere solo in unione con il cattolicesimo, non contro di esso. Non so in quale direzione si debba muovere il pensiero dei laici per contribuire alla nascita di un' etica civile in Italia pari a quella degli altri paesi occidentali.

Mi sento però di dire, da teologo, che il lavoro in questa direzione da parte dei cattolici è uno dei compiti più urgenti. Si tratta di porre davvero la fede a servizio del mondo, di questo pezzo di mondo che si chiama Italia, pensandosi come seme che marcisce nel campo o come lievito che scompare nella pasta. Fino a quando il seme vorrà preservare la sua identità di seme senza pensarsi in funzione della pianta, verrà meno al suo compito; fino a quando il lievito vorrà preservare la sua identità di lievito senza pensarsi in funzione della pasta, verrà meno al suo compito.

Fino a quando i cattolici italiani vorranno preservare la loro identità di cattolici senza pensarsi al servizio della società italiana, verranno meno al loro compito; e fino a quando la Chiesa tutelerà i suoi interessi particolari come una delle tante lobby senza essere davvero "cattolica" cioè universale, non sarà fedele al suo compito che è spendersi "per la vita del mondo". La situazione del Paese richiede a ogni italiano, laico o cattolico, con responsabilità politiche in campo civile o in campo ecclesiastico, di ripensare il proprio rapporto con la società secondo ciò che in termini religiosi si chiama "conversione". Purtroppo non è più sdolcinata retorica dire che ne va del futuro dei nostri figli.

- VITO MANCUSO

10 commenti:

  1. Interessante davvero questa riflessione.

    Ha ragione, non è retorica dire : " ne va del futuro dei nostri figli. "
    dobbiamo riuscire, a costruire ponti di umanità,
    purtroppo non è facile.

    Grazie Faber, per averlo postato ! :)

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  2. Grazie a te, Ysmarè, sono contento che l'hai apprezzato.

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  3. Anch'io ho trovato interessante e ricco di spunti l'articolo di Mancuso. Manchiamo di un 'ligamen' condiviso che ci orienti verso il bene comune e anzi la tendenza sembra essere verso una sempre maggiore 'polverizzazione'. La mentalità mafiosa è proprio quella che mette l'interesse del piccolo gruppo, del singolo (il capo dei capi) al di sopra di quello della comunità intera. Ma non so se questo accade soltanto in Italia. Da quanto leggo nell'articolo pare che abbiamo un triste primato.

    Se potessi usare un aggettivo per questa 'religione' auspicata da Mancuso userei però 'sociale' che mi sembra più ampio, più aperto,... ma l'articolo è suo e gli aggettivi li sceglie lui :)

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  4. ...é la consapevolezza che ciò che dà identità è l'appartenenza ad una comunità poiché l'uomo senza relazione con l'altro semplicemente non è....la coscienza che il bene comune è il solo terreno che consente ai singoli di esprimere sino in fondo la propria libertà e originalità costituisce il fondamento di una religione civile che oggi no c'è perché questa percezione dell'essenzialità dell'appartenenza ad una comunità si sta completamente sfarinando..basta che ognuno si faccia questa semplice domanda: sino dove arriva il mio concetto di comunità intesa come luogo dell'alleanza, all'interno della quale non vi sono nemici e il contrasto non mette in discussione quanto unisce? è una domanda che dovremmo farci sempre e ci accorgeremmo che la nostra idea di umanità con cui condividere una condizione comune è veramente ristretta.Viviamo in una società che droga culturalmente ogni componente con l'allucinogeno dell'autosufficienza o dell'emancipazione dall'interdipendenza relazionale cosa semplicemente impossibile per l'uomo..chi si emancipa dall'interdipendenza relazionale c'è, è quello che riduce il mondo a quello che vi è nella sua testa....noi li chiamiamo folli....

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  5. Ovvia e condivisibile la memoria etimologica del termine "religio"; condivisibile anche la conclusione in grassetto. Non condivido il passaggio centrale secondo cui il cattolicesimo dovrebbe essere la religione dell'italia che sarebbe ciò che manca al "popolo italiano" (la parola fa ridere la maggior parte di noi e questo è già il problema).
    Credo semplicmente che se un servizio sociale funzionasse, e cioè se i soldi per le cose comuni non fossero pappati da chi gestisce tali interessi comuni, la gente si sentirebbe all'interno di un qualcosa di comune a cui dover moralmente contribuire.
    Se vado nel cesso dell'eurostar e lo trovo ...come lo trovo... perchè dovrei badare se poi una goccia di acqua che mi cade dal lavandino lascia sporco per terra? Se l'eurostar arriva sistematicamente con mezz'ora di ritardo e io chiedo il bonus e nemmeno ci sono le cedoline per la richesta... e l'addetto non sa nemmeno a chi devo rivolgermi epr protestare, perchè non dovrei alla fine mandare la società (nella fattispecie trenitalia) al diavolo e non occuparmi del minimo che mi serve, quando sta società mi tratta così?
    Qui non c'enta il cattolicesimo o la religione.
    C'entra il bene comune.
    C'entra il meccanismo di sentirsene partecipi e parte, c'entra la responsabilità per una cosa.
    C'entra il senso della socialità...che al limite può bastare per mettere insieme le persone, senza dover per forza chiamare in causa un dio.

    "un insieme di intelligenti è in grado di creare un sistema, in questo caso non solare ma sociale, mentre un insieme di furbi è destinato semplicemente al caos e alla reciproca sopraffazione."
    bellissima. me la segno!

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  6. Per Thekla: francamente non capisco dove tu abbia tratto che Mancuso sostenga che " il cattolicesimo dovrebbe essere la religione dell'italia che sarebbe ciò che manca al "popolo italiano"

    Non solo non mi sembra il punto centrale del suo articolo, ma mi sembra anzi che lui sostenga esattamente l'opposto:

    "non voglio dire che il cattolicesimo in quanto religione istituita del nostro paese sia ciò che unisce la società e che per "salvare l' occidente" anche i non credenti debbano giungere a dirsi culturalmente cattolici, come vogliono gli "atei devoti".

    Intendo dire, al contrario, che ciò che tiene insieme una società rappresenta de facto la religione di quella società, religione da intendersi nel senso etimologico di religio, cioè legame, principio unificatore dei singoli. "

    Quindi lui parla di 'religio' in senso civico, o laico se preferisci.

    E il discorso rimane in questi termini, anche quando - come fa alla fine - esorta i cattolici a non 'tirarsi indietro' sfruttando questo ragionamento come alibi.

    Questo secondo me è un problema molto grosso e concreto dei cattolici in italia che hanno preso alla lettera - e con molta facile ipocrisia - il detto di Gesù di "date a cesare quel che è di Cesare... "
    Punto sul quale Pasolini si scagliò inutilmente con la sua naturale irruenza.

    I cattolici hanno cioè spesso interpretato in questo paese la morale come strettamente divisa:

    quando credo e quando prego, sono cristiano. Quando amministro, quando vado in giro per strada, quando educo i miei figli, quando
    semplicemente vivo, il mio cristianesimo lo metto tra parentesi - sennò come faccio a vivere ?

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  7. Faccio mia la conclusione di Mancuso a cui do' atto della lucidità con la quale riesce in un articolo di giornale (il respiro di un articolo è quello che è, limitato per forza di cose)ad affrontare un tema così complesso.
    Ho difficoltà ad accettare (forse a comprendere?) le 3 tesi.
    Prima tesi:
    ..."Nel suo senso più profondo, infatti, che cos' è la religione? È il fatto che talora un individuo avverta un' attrazione irresistibile verso una realtà più grande di lui, nella quale egli, tuttavia, si identifica."
    Detta così io personalmente credo finora di non essere mai stato religioso, io non ho mai provato un'attrazione verso una realtà più grande di me semplicemente credo in Dio, in suo figlio Gesù Cristo e nella sua resurrezione, nello Spirito Santo, nella chiesa cattolica, ovvero cerco di vivere la fede, è la stessa cosa? Non mi sembra e questo senza voler affermare cosa sia giusto o no, ma semplicemente mi chiedo se e quando avrò questa attrazione e per quale motivo. A tal proposito mi trovo d'accordo con Alessandro quando parla di comunità ma anche qui il ritenere allargato questo concetto non riesco a legarlo all'attrazione di cui parla Mancuso, che c'entra? Il passo successivo del concetto di religione civile definedola.."particolare disposizione della mente per cui un antico romano concepiva Roma più importante di sé, o per cui i politici americani ripetono God bless America sapendo che è l' America l' idea che tiene insieme gli americani"...mi lascia dubbioso, siamo sicuri che una religione civile così intesa sia servita ai romani e sia soprattutto servita agli americani oggi nei confronti del resto del mondo? Io ho i miei dubbi.
    Seconda tesi:
    il fatto che gli italiani siano i più corrotti in europa e che i danesi siano i meno corrotti solo perchè l'italia non ha una religione civile intesa come prime e i danesi si, mi lascia anche qui molto dubbioso. La mia etica e morale che mi spinge, pur tentato, a non essere corrotto deriva dall'educazione che ho ricevuto, dalla fede che vivo e dalla morale che ne deriva e che ho fatta mia dentro di me. Vi confesso che quelle poche volte che nella mia ho avuto delle piccole tentazioni in tal senso le ho superate per quasti motivi e non perche pensavo che dovevo essere più giusto verso la società. Al limite è una conseguenza e non una priorità.
    Terza tesi:
    ......"La storia ci ha mostrato infatti che una religione civile contrapposta al cattolicesimo non sia politicamente concepibile in Italia..", ma la storia ci ha mostrato anche il contario ovvero che una religione civile, intesa come Mancuso la intende, NON contrapposta al cattolicesimo non sia politicamente, sempre come la intende Mancuso, concepibilein Italia. E allora cosa potrebbe o dovrebbe far sì che questo accada? Solo lo sforzo comune dei cattolici di porre al servizio degli altri la propria fede? Passo necessario per quelle che sono poi le conclusioni dello stesso Mancuso che io condivido ma dubito che possa essere risolutivo o che possa servire alla nascita di una "religione civile".

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  8. Rispondo molto volentieri ad Angelo, che entra nello specifico delle tre tesi e che meritano di essere approfondite, come lui fa molto bene.

    Dunque io invece:

    1. riguardo alla prima tesi sono ASSOLUTAMENTE d'accordo con Mancuso. Io credo che la grandezza di un popolo - non degli individui che formano un popolo - sia proprio in questa caratteristica che ha reso grande il popolo romano un tempo, e poi il popolo inglese o spagnolo, nel seicento, o americano nel XIX. e XX secolo.
    Essere un grande popolo vuol dire riconoscersi portatori di civiltà. Gli italiani sono stati un popolo di geni (e lo sono ancora), ma in quanto a civiltà sono fermi alla res publica romana (nel rinascimento non eravamo ahimè nazione, nè popolo, ma insieme di piccole comunità particolari).
    Se i romani - insieme agli orrori che causarono con le guerre - riuscirono a far compiere alla civiltà passi avanti enormi in ogni campo (diritto, scienza, architettura, cultura, senso civico) fu proprio grazie al fatto che spiega Mancuso, cioè al fatto che il 'civis romanus' si riteneva prima di tutto parte di un popolo.
    Se gli americani e gli inglesi trovarono la forza morale (prima che bellica )di fermare la conquista del pianeta da parte dei nazisti, fu perchè essi si riconoscevano in un POPOLO, che condivideva valori comuni e condivisi di civiltà.
    Noi questo senso di appartenenza a un POPOLO non l'abbiamo mai avuta. Per motivi stra noti: da noi stato e nazione esistono da poco più di 100 anni, e questo si unisce a quella tradizione secolare di interessi particolari che da sempre hanno lavorato contro l'idea di un'appartenza comune a valori condivisi di civiltà.

    Come qualcuno ha detto con efficace sintesi, gli italiani non sono un popolo, ma UNA MASSA DI INDIVIDUALISTI.

    Seconda Tesi:
    Anche sul secondo punto - sull'esempio danesi/italiani - sono completamente d'accordo con Mancuso. E secondo me la spiegazione che dà Angelo lo conferma implicitamente: scrivi chiaramente che 'per non cadere in tentazione' hai dovuto far ricorso ai tuoi valori religiosi.
    Il che è la dimostrazione lampante che in Italia non c'è e non c'è mai stata l'idea di un rispetto dei valori condivisi, degli interessi di tutti - laico e civile - che spinge a frenare i propri bassi istinti, proprio in virtù dell'interesse comune.

    Sul terzo punto non capisco bene l'obiezione di Angelo. Il fatto che in Italia non sia mai stato possibile concepire una re-ligio civile contrapposta al cattolicesimo (come avviene ad esempio nei paesi anglosassoni, di tradizione protestante, e quindi con riferimenti del tutto diversi) mi sembra un dato di fatto inoppugnabile.
    Però è vero anche quello che dice Angelo - se ho capito bene - e cioè che questa religio civile non è nata neanche NON in contrapposizione con il cattolicesimo. Non è nata e basta.

    Però, e questo mi sembra il senso della chiosa finale di Mancuso, se in Italia non siamo stati capaci altro che di produrre una re-ligio cattolica - che si esplicita ANCHE nel civile (ma purtroppo non è e non può essere la stessa cosa) - proprio questo dovrebbe almeno salvarci.

    Almeno coloro che si riconoscono nei valori della re-ligio cattolica - che non dovrebbero limitarsi alle preghiere in parrocchia - potrebbero e dovrebbero alimentare - secondo le loro possibilità - nella vita di tutti i giorni quel senso di appartenenza di un POPOLO che si riconosca in un bene comune.

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  9. senso di appartenenza ad un popolo, riconoscersi portatori di civiltà è una medaglia a due facce molto molto pericolosa e non sono io ad affermarlo ma la storia.Quale forza morale portò gli americani a sganciare le bombe atomiche su nagasaki e hiroshima? Cosa pensavano, a proposito di appartenenza ad un popolo e di sentirsi portatori di civiltà, i tedeschi nel periodo di guerra? L'appartenenza ad un popolo e il sentirsi portatori di civiltà porta sempre con sè un rischio mortale e oserei dire diabolico, ovvero l'uso malvagio che può essere fatto di chi difendendo la propria libertà lo fa liberandosi della propria volontà particolare nel servizio al tutto.Io non sono così sicuro che oggi l'America sia un sistema così operativo, o perlomeno bisogna intenderci su cosa si intenda su sistema operativo. Sebbene l'America non sia la somma degli americani, o perlomeno così appare, come si vive in America? Che cosa è il bene comune per un americano?
    Ma penso di aver comunque capito e cosa intenda Mancuso anche se non condivido le sue argomentazioni, o meglio non mi convincono del tutto. Io credo che gli italiani in fondo siano meno liberi di altri popoli e per spiegare il concetto di libertà che ho fatto mio prendo in prestito le parole di D.Bonhoeffer:
    "La libertà ha il suo fondamento in Dio che esige che l'uomo assuma liberamente nella fede il rischio dell'azione responsabile e che promette perdono e consolazione a chi così facendo diventa peccatore".

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  10. Caro Angelo,

    essere un POPOLO, non vuol dire mica non commettere abomini, non commettere il male. Chi ne è immune ? Il popolo americano ha perpetrato crimini nella storia, e sappiamo bene quali e quanti.

    Ma qui si discute - Mancuso discute - su cosa sia essere un POPOLO. Cosa sia essere legati da un sentimento di interesse collettivo, e non soltanto da impulsi e da interessi individuali.

    Se un Popolo è veramente un Popolo, cioè se ha dei valori di riferimento che prescindono dall'interesse collettivo, se ha dei valori che affondano in nobili principi (magari traditi mille volte) di Padri Fondatori che non si dimenticano, questo Popolo avrà sempre la possibilità di risorgere dalle proprie ceneri, e di rinnovarsi.

    Ed è quello che succede in America, che è uscita molte volte da periodi bui, e da depressioni spaventose, e dai suoi connaturali problemi di società incoerente e sbilanciata, grazie al fatto di essere un Popolo.

    Basta vedere quello che sta succedendo ora negli Stati Uniti, in questi giorni, con l'insediamento di Obama.

    Che senso avrebbe da noi, un viaggio come quello di Obama in treno, che attraversa l'America ? Che senso avrebbe da noi, un giuramento di fronte a centomila persone riunite sotto la statua di Abramo Lincoln ?

    Che rapporto abbiamo noi con i nostri padri fondatori (Mazzini, Cavour, Garibaldi ) ? Sono soltanto figurine, che abbiamo studiato a scuola stancamente, e dei quali, nella vita di tutti i giorni ci interessa meno che nulla.

    Che rapporto abbiamo noi con i nostri principi fondatori ? Con i padri della costituzione ? Con il testo stesso della costituzione ? Il 99,9% della popolazione italiana ne ignora i contenuti, e certamente non si ispira ad essi nè nella sua vita privata, nè quando assume qualche incarico pubblico.

    Ieri Obama, nel suo discorso davanti al Lincoln Memorial ha detto una frase che mi ha colpito molto:
    " Chi ama il suo Paese, può cambiarlo. "

    Ecco, mi chiedo: il nostro Paese chi di noi potrebbe dire di 'amarlo' ? Chi di noi non si trova a maledirlo, quando entra in un ospedale, quando aspetta i soldi del rimborso di una pensione, quando deve ottenere un diritto ?

    E allora: se nessuno di noi (o quasi) ama il paese in cui vive, CHI potrà mai cambiarlo ?

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